Abbiamo chiesto al professor Vincenzo Zulli, esperto di public speaking, di commentare il primo dibattito televisivo tra il presidente Donald Trump e lo sfidante Joe Biden in vista delle elezioni presidenziali di novembre


di Vincenzo Zulli *

Ci si poteva aspettare di più da un dibattito politico di questo livello tra i candidati di un grande Paese come gli Stati Uniti. La cornice è stata di un dibattito “politicamente” abbastanza povero e “scorretto”, dove non si sono risparmiati colpi bassi. Nonostante i temi fossero alti sono stati trattati in modo un po’ troppo banale.

Faccio una prima considerazione: il defender, per usare i termini dell’America’s Cup, che avrebbe dovuto essere Trump, in realtà è parso avere un atteggiamento più da attaccante rispetto all’avversario challenger. Ovviamente molto è stato determinato dalle personalità dei due sfidanti: il presidente in carica è il classico uomo che non ha un background politico, diplomatico naturale, come ha, invece, il candidato Dem, e quindi è molto più portato al pragmatismo. Se immaginiamo il dibattito come una partita di calcio, Trump con le continue e insistenti interruzioni ha cercato di giocare pressando alto per non fare giocare l’avversario e utilizzando il fallo tattico per impedirgli di entrare nella propria metà campo, e tirare in porta. L’idea di interrompere bruscamente e anche in modo poco fair era proprio per non dare fiato all’avversario.

Sulla mancanza di fair anche Biden non è stato da meno, facendo attacchi più personali che politici. Mentre Trump rispondeva agli attacchi dell’avversario ribattendo più sulla linea politica dell’ex vice di Obama (per esempio parlava di “voi radicali socialisti”), Biden si riferiva direttamente alla persona, puntando a ridicolizzare la figura di Trump, che già gode di una reputazione pubblica internazionale un po’ negativa. “Clown” l’ha chiamato, per indicare una persona che non ha dignità di essere dove si trova.

D’altro lato l’esponente democratico ha gestito in modo efficace, dal punto di vista della comunicazione politica, i temi più caldi e su cui c’è maggiore sensibilità dell’opinione pubblica: la crisi del Coronavirus, il razzismo e il clima, tre argomenti che sono mainstream nel dibattito pubblico, terreni fertili per guadagnare consenso. In questi momenti, con lo sguardo cercava in modo diretto la telecamera, per cercare di parlare direttamente alla gente, perché le riteneva questioni su cui poteva giocare le sue carte migliori.

Trump, invece, ha tendenzialmente avuto uno sguardo più diretto ai suoi interlocutori che erano nello studio, lo sfidante e il moderatore. Oltre a mostrare atteggiamenti meno istituzionali, come tenere slacciata  la giacca.

* docente al Seminario di Public Speaking, facoltà di Scienze politiche e sociali, campus di Brescia