«Ero issato su un sediolino, fra fili tesi, fra le ali che il vento faceva cantare…». Così padre Agostino Gemelli descriveva il suo primo volo su un aeroplano nell’anno 1915. Non fu una esperienza occasionale, né semplicemente una passione personale, ma divenne per lui una sorta di “laboratorio” per svolgere i suoi studi medici. Infatti, il fondatore dell’Università Cattolica è ancora oggi ricordato come una delle figure di spicco nello studio degli aspetti fisiologici e psicologico-comportamentali legati al volo, ponendo le basi della moderna medicina aeronautica. Questo importante contributo scientifico non poteva essere trascurato nelle iniziative promosse per ricordarne la poliedrica personalità nel 50° anniversario dalla morte nella facoltà di Medicina e chirurgia della sua università, che lo scorso 13 maggio ha promosso una conferenza dal titolo “Padre Agostino Gemelli scienziato e pilota”, nell’Aula Brasca del Policlinico a lui dedicato, in collaborazione con l’Aeronautica Militare. Al seminario, a cui hanno partecipato il preside di Medicina Paolo Magistrelli, il direttore amministrativo Antonio Cicchetti, e il direttore del Policlinico Gemelli Cesare Catananti, ha portato la sua testimonianza Paolo Zeppilli (nella foto sotto), direttore della Scuola di specializzazione in Medicina dello Sport della Cattolica di Roma.
«Notevole è stato il contributo di padre Gemelli nel campo della medicina aeronautica, di cui è stato un pioniere e un precursore dei tempi – ha affermato - . La sua non fu solo una pura passione sportiva, ma vero interesse scientifico». Gemelli iniziò l’attività di medico aeronautico nel 1915 con la collaborazione di Francesco Baracca, uno degli assi fra i piloti dell’epoca. Nel corso del primo conflitto mondiale Gemelli entrò a far parte delle autorità sanitarie militari e venne a conoscenza dei requisiti di idoneità al volo dei piloti, così menzionati nelle istruzioni delle autorità: «Salute, vista, udito ottimi; peso non superiore a kg. 75». «Agli occhi di padre Gemelli – ha detto Zeppilli – questi requisiti risultavano insufficienti a soddisfare la necessità di porre rimedio ai frequenti incidenti di volo, conseguenze inevitabili della mancanza di efficaci e adeguati protocolli di selezione dei piloti». Fu così che Gemelli, insieme al professor Amedeo Herlitzka, allora direttore dell’Istituto di Fisiologia all’Università di Torino, pose le fondamenta della Psicologia applicata alla selezione attitudinale al pilotaggio: l’idoneità al volo non doveva solo escludere requisiti psico-fisici negativi, ma anche valutare il possesso di “chiare qualità positive”.
Furono tre le principali aree di indagine che costituirono il primo tentativo di esame di orientamento professionale, mirato a stabilire l’attitudine e la resistenza al volo: emotività, attenzione e reazioni psicomotorie. «Nel 1917 - ha ricordato Zeppilli - padre Gemelli per primo introdusse il concetto di psicotecnica legato alla selezione di chi ha attitudine al volo. La modernità e il valore del pensiero del fondatore della Cattolica si rintracciano nel testo, pubblicato nel 1942, dal titolo “La psicologia del pilota di velivolo”, in cui delinea un’impostazione metodologica alla materia, arrivando a definire gli aspetti veri e propri della deontologia professionale del pilota». Non a caso, Gemelli fu anche tra i primi a parlare di sicurezza del volo, sottolineando l’importanza del rapporto tra uomo e macchina. Anche il Tenente Colonnello medico Francesco Torchia (nella foto), ufficiale di staff del Capo del Corpo sanitario dell’Aeronautica militare, ha voluto rimarcare nel suo intervento l’importanza degli studi di padre Gemelli in questa materia, ricordando che nel 1927 entrò a far parte del Comitato centrale per gli studi aeronautici e nel 1930, in seguito alla nascita del Centro studi e ricerche di medicina aeronautica (oggi divenuto Reparto di Medicina aeronautica e spaziale), gli fu affidata la sezione relativa agli studi della Psicologia applicata.
La statua di Padre Gemelli posta nell’atrio del Centro sperimentale volo dell’Aeronautica Militare di Pratica di Mare, scoperta ufficialmente nel 1964 dall’allora ministro della Difesa Giulio Andreotti, è per le presenti e future generazioni il segno della sua grande e indimenticabile opera.