Le liti con l’Erario ammontano in Italia a quasi novecentomila, indice di grande litigiosità. Di gran lunga superiore a quello degli altri Stati avanzati, dove le cause di questo tipo trovano una composizione più rapida. E questo, nonostante l’Agenzia delle Entrate si sia recentemente attrezzata con un rating di sostenibilità della controversia. Si tratta di uno strumento che consente di ponderare l’opportunità del contenzioso, rispetto a soluzioni concordate, quali l’accertamento con adesione, l’adesione al processo verbale o la conciliazione giudiziale.
Se ne è discusso il 3 febbraio in un convegno promosso e organizzato da Marco Miccinesi, ordinario di Diritto tributario, in collaborazione con la facoltà di Giurisprudenza. Nel corso dell’incontro sono state affrontate le problematiche di maggior interesse e attualità che affliggono i due processi, a cominciare dal trend di crescita del contenzioso tributario, come affermato da Vincenzo Busa, direttore Affari legali e Contenzioso dell’Agenzia delle Entrate.
Pasquale Cormio, della Direzione Regionale delle Entrate della Lombardia, ha invocato l’uso di soluzione concordate. Attraverso un corretto utilizzo dei mezzi a disposizione del contribuente, infatti, è possibile ottenere la riduzione dei tempi, certezza e celerità del gettito e una concreta applicazione del principio di capacità contributiva (art. 53 Cost.). Cormio ha affrontato anche il tema della responsabilità e del risarcimento del danno provocato al Fisco da comportamenti intensamente fraudolenti. Sul punto è stato sottolineato il risultato raggiunto dalle Entrate, cioè l’incasso di 15 milioni di euro a titolo di risarcimento del danno non solo da contribuenti, ma anche da amministratori. Sono in corso di ulteriore recupero, sempre a titolo di risarcimento, circa duecentocinquanta milioni.
Per quanto riguarda i rapporti tra processo penale e processo tributario, Angelo Giarda, ordinario di Diritto processuale penale all’Università Cattolica di Milano, ha auspicato un migliore coordinamento per quanto riguarda la sospensione e una maggiore uniformità di strumenti a disposizione dei giudici penale e tributario, soprattutto sul terreno probatorio.
Sempre da un punto di vista penalistico, Alessio Lanzi, docente di Diritto penale all’Università di Milano Bicocca, ha posto l’attenzione sull’inadeguatezza delle garanzie del processo penale per reati tributari, accertati innanzi a un giudice monocratico.
Infine, una delle questioni che più ha interessato i circa trecentocinquanta partecipanti alla giornata è stata certamente il raddoppio dei termini per l’accertamento in presenza di reato. Il professor Marco Miccinesi ha espresso i propri dubbi sulla legittimità costituzionale della normativa: una norma che consenta la riapertura di periodi d’imposta definiti aprirebbe una voragine difficilmente conciliabile con l’idea di un Fisco moderno, capace di ottenere un gettito certo, in breve tempo e giusto. La riapertura di termini già spirati sarebbe del resto contrario anche ai principi cui l’azione dell’Agenzia delle Entrate deve essere informata, tra cui l’economicità e l’efficienza. La semplice denuncia non dovrebbe essere sufficiente per l’applicazione del raddoppio dei termini: una sanzione così grave per il contribuente deve essere infatti corredata da maggiori garanzie e scattare solo con il rinvio a giudizio.