Una strage silenziosa e in larga parte evitabile con adeguati controlli. Le infezioni ospedaliere in Italia sono oltre 700.000 ogni anno, con 7.000 morti. Vittime non della loro patologia, ma di un'infezione contratta nell'ospedale che dovrebbe curarli. Il professor Walter Ricciardi, igienista all'Università Cattolica - Policlinico Gemelli di Roma, fa il punto su una piaga sottovalutata e poco conosciuta nel giorno in cui infuriano le polemiche sui casi di malasanità, in particolare sui due neonati morti in Puglia per i quali si ipotizza una setticemia. «Le infezioni ospedaliere sono un dramma - spiega Ricciardi - perché sappiamo come prevenirle e come combatterle, ma abbiamo comunque 700.000 casi l'anno solo in Italia. Come mai? Manca un monitoraggio attivo del fenomeno, che nei paesi 'civili' si fa con costanti controlli di routine che in Italia non si fanno o si fanno male, malgrado ci sia una legge che li impone. Si deve intervenire con una politica di incentivi e sanzioni, ma nel nostro paese non c'è niente di tutto questo, e vediamo spesso medici e infermieri col camice che vanno al bar, fumano, entrano e escono dall'ospedale, portano anelli e monili che sono un fattore di rischio».
Sebbene quella delle infezioni ospedaliere sia una piaga che costa molto non solo in termini di vite umane (circa 100 milioni di euro l'anno e' la perdita stimata per la sanità pubblica) si fa poco: «Un comitato di controllo delle infezioni ospedaliere - sottolinea l'igienista - esiste solo nel 20-30% degli ospedali. Significa che circa otto ospedali su dieci non hanno nessuno che controlli e prevenga il rischio di infezioni». (AGI)