La terza edizione dell'iniziativa “Come trovare ciò che si cerca in archivio: esperienze a confronto”, promossa dall’Archivio per la Storia dell’educazione in Italia, ha presentato e valorizzato quattro tesi di laurea, frutto di ricerche condotte in altrettanti archivi, intitolate "Edizioni musicali Eufonia: 25 anni di passione e dedizione", Laura Maggioni; "Fonti archivistiche e documentarie per la storia della realtà ecclesiale a Brescia alle soglie del Concilio Vaticano II", Annamaria Perotti; "La poliedricità di Robert Courtright: l’incontro tra le tecniche nella produzione dell’artista. Contributo al catalogo", Elena Scuri, "Palazzo Martinengo Colleoni di Malpaga a Brescia - Dall’indagine al progetto", Andrea Minessi.

Le tesi sono state tutte conseguite presso la facoltà di Lettere e Filosofia della sede bresciana dell'Atenero, ad eccezione dell’ultima, discussa a Parma ma riguardante lo storico palazzo che fu sede del tribunale di Brescia.

Nel primo intervento, dedicato alla casa editrice Eufonia che, nata nel 1995, si è fatta apprezzare sia a livello europeo che internazionale, si è sottolineata da un lato la difficoltà di reperimento delle informazioni, a causa della collocazione disordinata delle carte e della discordanza (sanata proprio grazie alla tesi) tra il catalogo cartaceo e quello online della casa editrice; dall’altro, la centralità dell’archivio inteso sia come luogo fisico di conservazione sia come nesso archivistico, necessario per salvaguardare la connessione tra i documenti.

Anche dalla relazione di Perotti è emersa l’importanza d’indagare diverse tipologie di archivi. La sua ricerca, ancora in corso e resa difficoltosa dal contesto della pandemia, ha lo scopo di rilevare il prezioso ruolo giocato dalle fonti documentarie “alternative”, costituite nel suo caso dalle prediche di mons. Pietro Gazzoli e dagli articoli apparsi sui periodici «Humanitas», «Bollettino della diocesi di Brescia» e «Rivista del Catechismo» - quest’ultima conservata presso l’Archivio storico diocesano di Brescia, dove l'autrice ha compiuto uno stage che non solo l’ha stimolata a proseguire lo studio, ma che si è rivelato assai utile per meglio orientarsi nella ricerca archivistica.

L’interesse - sempre più crescente negli ultimi anni - verso gli archivi d’arte come “rifugi esistenziali e vetrine di artista” è bene emerso dal contributo di Elena Scuri la cui indagine, oggetto della tesi triennale, è iniziata con l’ordinamento dell’archivio privato di due artisti poco noti in Italia, lo scultore bresciano Bruno Romeda e il pittore statunitense Robert Courtright. All’inventariazione, tutt'ora in corso, delle numerose opere ancora inedite della loro collezione personale (donata da Romeda alla Fondazione Brescia Musei) è dedicata la tesi magistrale, che si profila come apripista per ulteriori ricerche. 

A risultati sorprendentemente inattesi - a dispetto della vasta letteratura scientifica già prodotta sull’argomento - ha portato la tesi di Minessi. Attraverso il lavoro di quest'ultimo sono stati posti in relazione per la prima volta diversi fondi dell’archivio della famiglia Martinengo Colleoni, a partire dall’analisi di documenti inediti e all’apparenza marginali quali ricevute di pagamento, per giungere a registri di spese e di beni mobili, nonché lettere personali.

La ricognizione dell’archivio (composto da 74 faldoni non ordinati e solo saltuariamente consultati, oggi custoditi alla biblioteca “Angelo Mai” di Bergamo) ha permesso di «gettare nuova luce sulle vicende del palazzo, a dimostrazione della necessità - nell’ambito della ricerca - di mai dare nulla per scontato e di saper guardare agli archivi quali luoghi custodi della memoria che vanno interrogati con sapienza, come ha sottolineato il professor Gianmario Baldi, docente di Archivistica e coordinatore dell’incontro».

Il seminario si è concluso con l’invito - rivolto agli studenti prossimi alla laurea - a valorizzare la ricerca sul campo, ovvero l’indagine condotta sulle fonti primarie, in particolare quelle pericolosamente soggette al rischio di essere dimenticate, in un’era come quella attuale vocata alla digitalizzazione in cui internet sembra (im)porsi come risorsa unica ed inesauribile.