La Lombardia è la regione con  il numero più elevato di alunni con cittadinanza non italiana (191.526 allievi, il 24,3% della popolazione scolastica con cittadinanza non italiana), seguita dal Veneto (91.867, l’11,7%), dall’Emilia Romagna (90.286,l’11,5%).

Partendo da questi dati i pedagogisti della facoltà di Scienze della Formazione sono convinti che si debba elaborare un modello educativo interculturale per la piena integrazione di tutte le diversità.

Proprio nelle scuole si deve costruire una reale esperienza di apprendimento e di inclusione sociale e lo si può fare grazie alla collaborazione di tutti i soggetti educativi del territorio. Perché al centro dell’azione formativa ci devono essere gli studenti e le loro famiglie.

Da qui ha preso avvio l’indagine “Corresponsabilità educativa. Scuola e famiglia nella sfida multiculturale: una prospettiva europea”, presentata venerdì 10 novembre in un convegno nella sede di Brescia dell'Ateneo. Una ricerca-azione biennale, condotta da un gruppo di ricercatori della Cattolica coordinati dal preside della facoltà di Scienze della formazione Luigi Pati, che ha indagato il livello di partecipazione scuola-famiglia in 8 scuole di ordini e gradi differenti della Provincia di Brescia con alunni stranieri.

"Se le istituzioni scolastiche si confemano veicolo prediletto di integrazione" come ha sottolineato il prof. Pati nella sua introduzione al convegno di presentazione "contesto familiare e scolastico sono profondamente mutati" ha fatto notare il direttore dell'Ufficio Scolastico del Territorio Mario Maviglia, indicando quindi la necessità di un ripensamento dei ruoli nel contesto di messa a punto "di un progetto educativo chiaro e condiviso".

Nelle scuole in cui lo studio è stato effettuato la media della presenza nei banchi di alunni stranieri è di uno su cinque, con picchi anche del 60% per l'Istituto comprensivo Centro Tre, o l'Istituto Ovest 1 in cui convivono ben 37 culture, o il caso di una scuola media in cui dei 137 alunni iscritti solo una ventina sono italiani.

Dopo un'analisi di ciascuna situazione di partenza e la somministrzione di un questionario, i ricercatori della Cattolica hanno formato gruppi composti da studenti, insegnati, genitori, e anche studenti nella scuola superiore, con i quali è stato attuato un processo auto-formativo, che li potesse rendere “portatori” e “diffusori” di competenze relazionali e decisionali, per dare coerenza e armonia al processo di crescita del bambino/alunno. Tutto questo perché il dialogo tra scuola e famiglia  porta a una corresponsabilità tra le parti che diventa il risultato della capacità personale e di gruppo di inserirsi con creatività nell’ideazione  di nuovi modelli di sviluppo e di azione.

Nelle scuole prese in esame, ad esempio, sono stati riviste le modalità del colloquio genitori-insegnanti o l’assemblea di fine anno; in un’altra si è scelto di individuare un tema da sviluppare insieme nel corso dell’anno.

Lo studio ha subito appurato come il rapporto con i genitori stranieri non fosse sempre facile, bensì condizionato - a seconda delle etnie - da fattori linguistici, o dalla maggiore o minore iniziativa femminile. Qualche esempio: le mamme arabofone escono poco, quelle cinesi delegano agli uomini per grande rispetto verso gli insegnanti, spesso non capiscono bene quanto si dice. C'è poi il caso di un papà indiano che avrebbe voluto sostenere il colloquio genitore-insegnanti per tutti i ragazzini della sua comunità religiosa.

Unica caratteristica comune? Tutti si rendono conto della volontà di far star bene i ragazzi e chiedono agli inseganti di preparare i loro figli per il futuro.

Per valorizzare e per favorire la partecipazione degli stranieri - anche se non pare molto elevata nemmeno quella delle famiglie italiane che diminuisce man mano che si sale nel percorso scolastico - si è posta attenzione sulle culture di provenienza dei ragazzi.

Le ragioni sono quelle di stabilire tra scuola e famiglia "un vero e proprio patto educativo per favorire una migliore formazione degli studenti, sia in termini di inclusione sociale, che di rinnovamento necessario in aue dove spesso la maggioranza ha provenienze diverse da quella locale" ha concluso Pati.