Quello che segue è un abstract della prolusione pronunciata al Dies Academicus di Roma dal professor Guido Costamagna dal titolo “Innovazioni e sfide dell’endoscopia digestiva: immaginando il futuro delle terapie mini-invasive”.
di Guido Costamagna *
Negli ultimi quarant’anni, in campo chirurgico, abbiamo assistito a un radicale cambio di paradigmi: da un concetto di chirurgia radicale e demolitiva si è progressivamente passati, grazie all’impiego di nuove tecniche e tecnologie sempre più sofisticate e allo sviluppo della collaborazione multidisciplinare, ad un concetto di cura il più rispettoso possibile dell’organo colpito da malattia e della sua funzionalità, allo scopo di garantire una migliore qualità di vita ai pazienti.
Questa rivoluzione è avvenuta anche nell’ambito delle malattie dell’apparato digerente, in particolare grazie all’impiego dell’endoscopia digestiva: dapprima come mezzo solo diagnostico, ma poi, a partire dalla fine degli anni ’60 del secolo scorso, anche come mezzo terapeutico. Un risultato molto importante è stato raggiunto dall’asportazione per via endoscopica dei polipi del colon-retto che, attuata nei programmi di screening, ha ridotto l’incidenza del cancro del 70%.
L’endoscopia digestiva terapeutica ha progressivamente sostituito la chirurgia tradizionale in moltissime situazioni cliniche: basti pensare al trattamento di quasi tutte le emorragie digestive, alla rimozione dei corpi estranei, alla chiusura di fistole e perforazioni del tubo digerente, alla resezione o distruzione oncologicamente radicale di tumori superficiali dell’esofago, stomaco, intestino tenue e colon-retto, al trattamento palliativo dei tumori avanzati delle stesse sedi con l’inserimento di protesi per ricanalizzare i visceri ostruiti dalla proliferazione neoplastica.
Fino ad arrivare alle metodiche più moderne che sfruttano il “terzo spazio”, cioè lo spazio contenuto tra il rivestimento interno del viscere, la mucosa, e la parete muscolare, detto sottomucosa, per il trattamento di patologie funzionali dell’esofago e dello stomaco, quali le varie forme di acalasia, con la miotomia esofagea endoscopica transorale (POEM), la gastroparesi, l’asportazione di tumori localizzati nella sottomucosa, il trattamento di diverticoli esofagei, ma anche resezioni a tutto spessore della parete dei visceri. Altro campo di applicazione recente, e ancora in parte sperimentale, è rappresentato dall’endoscopia bariatrica e metabolica per il trattamento dell’obesità, endemia del nostro secolo, e del diabete tipo II non insulino-dipendente.
Anche in patologia biliare e pancreatica l’endoscopia digestiva ha prodotto nel corso degli anni una vera e propria rivoluzione. Con la Colangiopancreatografia retrograda endoscopica (CPRE) (la prima al Gemelli fu da noi eseguita nel 1982) moltissime patologie biliari e pancreatiche, un tempo appannaggio della chirurgia, vengono oggi trattate in maniera mini-invasiva per via endoscopica. Inoltre, con lo sviluppo avvenuto negli ultimi due decenni dell’ecoendoscopia, una metodica che utilizza un endoscopio con una sonda ecografica all’estremità, le possibilità diagnostico-terapeutiche in patologia bilio-pancreatica sono ulteriormente aumentate, grazie anche all’utilizzo combinato e complementare della CPRE. Nel nostro centro vengono effettuate annualmente circa 1200-1300 CPRE, tutte operative, e più di 2000 ecoendoscopie.
Quali sono allora le sfide con le quali attualmente ci confrontiamo?
La prima è quella di cercare di anticipare sempre più il momento della diagnosi, in particolare dei tumori: dallo stadio della diagnosi precoce a quello della suscettibilità alla degenerazione neoplastica mediante tecniche di imaging funzionale e imaging molecolare attualmente allo studio.
La seconda è quella di implementare sempre di più la visione multidisciplinare, abbattendo definitivamente le barriere ormai obsolete tra chirurgia e gastroenterologia, utilizzando al meglio le scienze dell’immagine e combinando tutte le terapie fisiche disponibili di ablazione tissutale, cercando di ottimizzare la scelta migliore per il singolo paziente.
La terza è quella di applicare i principi della realtà “aumentata” anche all’endoscopia terapeutica. Oggi possiamo usufruire di sistemi in grado di “aumentare” le nostre capacità di vedere grazie alle possibilità di ricostruzione delle immagini del singolo paziente, le nostre capacità di operare grazie alla robotica e il nostro cervello grazie all’intelligenza artificiale. Tutto ciò per garantire la massima sicurezza ed efficacia di azione ai nostri pazienti.
In questi ultimi decenni, grazie alla dedizione e all’impegno di molte persone, siamo riusciti a trasformare un’attività inizialmente molto parcellizzata in un centro di livello internazionale, diventato di riferimento per l’attività clinica, di ricerca scientifica e di insegnamento: l’auspicio è quello che le generazioni future possano continuare su questa strada di innovazione dando concretezza a quello che oggi possiamo solo immaginare.
* Ordinario di Chirurgia Generale, direttore del Dipartimento Universitario di Medicina e Chirurgia Traslazionali della Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, direttore dell’Area Medicina Interna, Gastroenterologia e Oncologia Medica della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS