Resilienza. Ne abbiamo parlato tanto, ora è tempo di mostrarla. Non solo combattendo un virus, ma anche la disoccupazione, la denatalità, l’imprudenza, la crisi. Il disagio è ancora grande, ma si può: impariamo nuove vie, reimpariamo a comunicare, anche con gli occhi.

Sabato 13. Tutto torna, ma diversamente: anche i venditori di strada ora sono attori economici, reiniziando dove tutto ebbe inizio. Oggi Villa Pamphili non è solo un parco cittadino, è un’occasione di risposta, visione che molti Paesi non possono ancora permettersi: negli altri continenti è sempre emergenza. La resilienza appartiene ai bambini, che non sanno ancora di averla: la presenza a scuola appare rischiosa, l’assenza certamente lo è. E non appartiene alle statue: un governatore le rimuove prima, prima che la cronaca diventi storia.

Domenica 14. Resilienza significa anche sicurezza nella solidarietà: la carenza di sangue non diminuisce a causa di un virus e per molti le trasfusioni sono ancora un dono inaccessibile. Ad Atlanta non è questione di film, ma ancora di video: la storia passa attraverso gli smartphone, impossibile nasconderla. Possibile è, invece, sperare: la scienza prosegue il suo corso e di vaccino si inizia a parlare davvero. Intanto, si avvicina il Consiglio Europeo: la Next Generation dipende da noi.

Lunedì 15. Non a caso si chiama “Recovery an Resilience facility”: ora bisogna “rimbalzare”, ma non tutti i Paesi sono d’accordo. I nuovi focolai preoccupano e da Pechino all’Europa contenerli è possibile. Intanto, siamo tutti Immuni: non proprio tutti, anche la tecnologia ha bisogno della comunicazione. E il digital è al centro del rilancio: le infrastrutture necessarie ora sono connessioni. Se vogliamo “resilire” davvero, è sempre la Cultura a salvarci: quella del patrimonio nazionale e quella dei giovani: la loro presenza conta, in tutti i sensi.

Martedì 16. Sembrano solo vacanze, in realtà è economia: lo svago quest’anno è mercato e la prossimità una categoria turistica. I banchi sono pronti, i cento giorni che separavano dalle gite di fine corso hanno separato i ragazzi dalle scuole: quest’anno saranno maturi, completamente. Non dire che è finita, in nessuna parte del mondo. È la fase del contenimento, meno dolorosa, più delicata: lo sa New Zealand e lo sa anche Pechino. È la fase dell’attenzione: conserviamo tutto, come gli abbracci che non ci siamo dati. Lo sanno anche i candidati oltreoceano: anche conservare è resilienza.

Mercoledì 17. L’attenzione non è mai troppa: i contagi nel mondo continuano a salire e le perdite aumentano. C’è emozione nelle scuole: l’emergenza educativa si attenua per qualche giorno e in nuove forme si va avanti. In Europa è il tempo delle donne: al nuovo triumvirato la resilienza economica. Negli USA è tempo dei piccoli passi, è il turno delle forze di polizia: Novembre è ancora lontano, ma i segnali ci sono. Resistenza, resilienza, ripartenza: Covid-19 ha svelato molte cose, ora si torna lentamente anche ad altre notizie, ma attenzione agli effetti.

Giovedì 18. La corrente anti-razzista coinvolge le Università: in California è pronto un emendamento per promuovere quote di tutela: sarà un referendum a decidere, ma gli asiatici protestano. Asiatici sono anche i mercati più incerti: i nuovi focolai preoccupano di nuovo. Preoccupano anche i bestseller: le pressioni elettorali si fanno sentire. Intanto, i problemi di sempre non si sono mai fermati: non si fermano i cammini dei migranti, non si ferma nemmeno il virus. L’anno scolastico è quasi alla fine, per il prossimo si progettano nuove geometrie: cosa ancora impareremo e come insegneremo, tornati, vicini e a distanza?

Venerdì 19. Resilienza vuol dire anche fermarsi, e (af)fidarsi.