L’occasione per fare il punto sulla distrofia di Duchenne e Becker, una delle più gravi a colpire i bambini, e sulle prospettive di ricerca è la Campagna sociale e di raccolta fondi “SOStieni chi ha la distrofia di Duchenne, fai il primo passo”, promossa dall'Associazione Parent Project Onlus, che si svolge dal 7 al 21 febbraio, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica. «Dal 2003 a oggi, presso la Neuropsichiatria Infantile del Gemelli, abbiamo seguito più di 50 pazienti affetti da distrofia muscolare di Duchenne di età compresa dai 12 mesi a 18-20 anni», racconta il direttore dell’Unità operativa, Eugenio Mercuri, insieme a Marika Pane, neuropsichiatra infantile del Gemelli.
Che differenza c’è tra la distrofia muscolare di Duchenne e quella di Becker? La distrofia di Duchenne e quella di Becker sono dovute a mutazioni diverse dello stesso gene (Xp21) responsabile della produzione di una proteina (distrofina) che è totalmente assente nella Duchenne e parzialmente presente nella Becker. Le due forme sono molto diverse anche clinicamente, mentre la forma di Duchenne ha un andamento più progressivo, la forma di Becker e piu variabile ma sempre piu lieve rispetto alla forma di Duchenne.
Quali sono i sintomi? All’esordio, nella forma di Duchenne si riscontra ipertrofia dei polpacci, difficoltà nell’alzarsi, andatura anserina, cioè dondolante, difficoltà nel correre e nel saltare a piedi uniti, difficoltà a sollevare la testa da un piano. I livelli di Creatin Kinasi (CK), normalmente presente nei muscoli, sono molto aumentati (valori normali fino a 200, nei Duchenne generalmente diverse migliaia). Senza alcun trattamento, i bambini affetti da Duchenne hanno un periodo stazionario o persino un po’ di miglioramento tra il periodo della diagnosi della malattia e i 6-7 anni, con un progressivo peggioramento dopo questa età per arrivare, purtroppo, alla perdita della deambulazione autonoma entro i 12 anni.
Come si diagnostica la malattia? Alla nascita non ci sono segnali che possano evidenziare questa distrofia muscolare. La sindrome si manifesta nella prima infanzia, tra i due e i tre anni, quando il bambino manifesta difficoltà nell’acquisire nuove tappe quali saltare, correre, salire le scale, e ha chiare diffcioltà nell’alzarsi da terra (ricorre alla cosiddetta manovra di Gowers, che consiste nell’appoggiare le mani alle cosce per spingere in alto la parte superiore del corpo). Nei bambini al di sotto dei tre anni di solito si perviene alla diagnosi dopo il riscontro casuale dell’aumento di CK nel sangue, mentre nei bambini intorno ai tre anni sono i genitori a riferire le difficoltà motorie tipiche della patologia. La diagnosi, in ogni caso, è basata sulla biopsia di un frammento di muscolo e/o sull’analisi genetica di routine. La diagnosi prenatale, indicata nel caso ci siano precedenti familiari, è possibile tramite amniocentesi e villocentesi, ma va sottolineato che circa un terzo dei casi di questa grave distrofia è causato da nuove mutazioni genetiche.
Quali sono le complicanze? Negli anni compare un progressivo coinvolgimento non solo dei muscoli interessati alla deambulazione, ma anche di altri muscoli quali quelli assiali, che determinano scoliosi, e, generalmente nella seconda decade di vita, una progressiva riduzione della capacità respiratoria, e anomalie cardiache.
Non essendo al momento disponibile una cura per questa patologia, in che modo i bambini che ne sono affetti possono essere trattati? Negli ultimi anni sono stati fatti molti progressi nello stabilire degli standard di cura internazionali che sono molto utili per ridurre la progressione delle complicanze, ma in questo momento l’unica terapia fino a oggi disponibile è quella cortisonica, i cui meccanismi d’azione sono molteplici e forse solo in parte conosciuti, svolgendo azione antiinfiammatoria, un effetto positivo sullo sviluppo muscolare, un effetto anabolico sulla massa muscolare, stabilizzazione della membrana muscolare. Seppure la terapia non sia la cura che tutti aspettiamo per questa malattia è indiscutibile che la terapia quotidiana con steroidi sia stata finora l’unica in grado di modificare la storia naturale della malattia. Mentre fino a qualche anno fa era era impensabile pensare a ragazzi affetti da questa malattia in grado di camminare oltre i 13 anni, nell’ultimo decennio, probabilmente per una combinazione di migliori standard di cura e della terapia quotidiana con cortisonici, si è avuto uno spostamento in positivo, dell’eta in cui questi ragazzi presentano maggiori difficoltà nella deambulazione. Sono infatti molti i casi da noi osservati da noi e riportati in letteratura di ragazzi che camminano oltre l’età di 13 anni.
A che punto è la ricerca per la cura della Duchenne? Ci troviamo in un momento ricco di novità. Dopo anni in cui l’unico intervento terapeutico possibile era quello di ridurre la progressione delle complicanze, nei prossimi mesi partiranno alcuni studi utilizzando diversi approcci terapeutici che hanno la potenzialità di cambiare la storia naturale della malattia. Uno studio molto importante sul quale si nutrono grosse speranze, utilizzerà alcune cellule staminali (mesangioblasti), in bambini affetti da distrofia muscolare di Duchenne. Nei prossimi mesi verranno iniettate nei pazienti queste cellule, prelevate da un loro fratello sano, con la speranza di ottenere l’effetto osservato negli animali, ovvero la colonizzazione dei muscoli scheletrici, con un miglioramento di forza e funzione. Questo studio tutto italiano, fortemente voluto da Telethon e dall’associazione Parent Project, è il frutto di molti anni di ricerca del professor Giulio Cossu, direttore dell'Istituto di Ricerca per le Cellule Staminali della Fondazione San Raffaele di Milano e della sua équipe, con la collaborazione di un advisory board di esperti internazionali di cui faccio parte.
Il secondo studio riguarda l’exon skipping. Di cosa si tratta? L’exon skipping, ovvero del salto dell’esone è una tecnica rivoluzionaria, che permette di mascherare il difetto genetico responsabile della malattia, consentendo la produzione di una distrofina più corta, in grado di funzionare e di trasformare l’evoluzione della malattia. Dopo alcune fasi preliminari condotte soprattutto in Olanda e nel Regno Unito, è in partenza uno studio multicentrico internazionale promosso da GlaxoSmithKline per testare farmaci antisenso su un ampio numero di pazienti. Questo studio, che prevede anche il coinvolgimento di 5 centri italiani (Policlinico Gemelli, Policlinico di Milano, Bambino Gesù di Roma, Università di Ferrara, Policlinico di Messina), mira a dimostrare che questo nuovo approccio potrebbe assicurare ai piccoli pazienti la possibilità di camminare oltre l’adolescenza e un’aspettativa di vita normale.
Come vengono supportati i genitori con bimbi affetti da Duchenne? Le associazioni di famiglie di bambini affetti da patologie rare sono un punto di forza per le famiglie e i ricercatori. A tal proposito la presenza in Italia di Parent Project è un punto di riferimento importante per il supporto psicologico e pratico. Parent Project Onlus, attiva in Italia dal 1996, lavora per accelerare il raggiungimento di una terapia e insieme garantire e diffondere le migliori opportunità di trattamento necessarie a far crescere la qualità della vita a tutti i 5000 pazienti che, in Italia, sono affetti dalla grave malattia rara. Per sostenere le famiglie ha organizzato il Centro Ascolto Duchenne una rete di professionisti che dal 2002 segue circa cinquecento famiglie. L’associazione è fondatrice della federazione internazionale UPPMD (United Parent Projects for Muscolar Dystrophies), un’organizzazione diffusa in tutto il mondo.