È l’unica giornalista italiana ad avere soggiornato in Turchia per otto anni, assistendo in diretta alla metamorfosi del Paese. E da quella lunga permanenza è nato il libro Il Reis. Come Erdogan ha cambiato la Turchia. L’autrice, Marta Federica Ottaviani, è intervenuta alla presentazione del volume promossa dall’Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali (Aseri) in via San Vittore a Milano, lo scorso 15 dicembre.

«Il libro sostiene la tesi che tutto quello che succede oggi in Turchia è dovuto all’incompiutezza della rivoluzione di Kemal Ataturk» afferma il direttore di Aseri Vittorio Emanuele Parsi. «La sua idea di Stato è stata completata da altri che non avevano il suo spessore e il suo carisma. La storia politica di Recep Tayyip Erdogan è la chiusura di questa parabola».

Come è cambiato il Paese in questi anni? «La prima volta che sono andata lì, nel 2005, molti colleghi mi dicevano: “Cosa ci vai a fare?” Questa domanda mi lasciava interdetta, perché già allora si vedevano i sintomi di un Paese che stava cambiando», afferma Ottaviani.

La spiegazione parziale di questa metamorfosi è dovuta al fatto che si tratta di «una nazione che ha istituzioni secolarizzate ma non laiche», commenta Parsi. Il concetto di laicità è fondamentale: «Al primo impatto ho capito che Erdogan grazie ad una parvenza di laicità, molto pubblicizzata all’estero, stava trasformando in toto il Paese», chiosa Ottaviani.

Un elemento centrale per cogliere la vicenda del “Reis”, epiteto coniato dai suoi sodali fin dai primi anni della militanza nei partiti islamici del Refah e del Fazilet, è la sua politica estera. «Tutte le sue manovre in campo internazionale avevano e hanno come vero obiettivo il panorama interno. Alla base di tutto ciò c’è una profonda ambiguità. Per esempio, nel giro di pochi anni le relazioni con la Russia di Putin si sono trasformate da pessime a ottime. Il rapporto con il terrorismo internazionale in questo senso è paradigmatico: il 90% degli attentati ha colpito la minoranza curda», dichiara la freelance che collabora principalmente con Avvenire e La Stampa.

«Ritengo che Erdogan - spiega Ottaviani - non abbia mai avuto il reale interesse a far entrare la Turchia nell’Unione Europea. L’Europa è stato il suo cavallo di Troia, che gli ha permesso di eliminare l’opposizione laica». E ancora: «Lui utilizza la retorica per allontanare il Paese dall’Europa». Come si spiega l’accordo sui migranti siglato tra la Turchia e l’Unione Europea? «L’accordo non è stato ancora implementato totalmente: la parte più rilevante - la liberalizzazione dei visti - non gli è stata garantita», rivela l’autrice del libro. Perché? «Per l’assenza di una legge anti terrorismo e la chiusura degli organi di stampa anti governativi, che ha di fatto silenziato la società civile».

Eppure molti ricordano le proteste di Piazza Taksim del maggio di due anni fa, come un momento di fortissima contestazione. Su questo argomento il volto della Ottaviani assume i tipici tratti dell’angoscia. «Vorrei sapere dov’è finito il giovane popolo di Gezi Park. Così avrei la certezza che quei ragazzi sono ancora vivi». Nella sala il silenzio diviene assordante.

Infine uno sguardo sul futuro: quali sono gli obiettivi di medio e lungo termine di Erdogan? «In primavera si voterà il referendum costituzionale e la vittoria del Reis, secondo me, è scontata. Lui non indice un voto se non è sicuro di vincere. Fino al 2013 nelle elezioni ha portato a casa sempre buone percentuali e il voto, a giudizio delle principali organizzazioni internazionali, non è mai stato truccato. Poi, invece, le cose sono cambiate», aggiunge Ottaviani. «Per quanto riguarda il lungo periodo - prosegue la giornalista - credo che nel 2023 voglia festeggiare il centenario della nascita della Repubblica. Inoltre cercherà di estendere la sua zona di influenza in Iraq e in Siria», conclude.