Fare sport permette di entrare in un gruppo, accettare delle regole e superare i propri limiti. È un’esperienza fondamentale che aiuta a spezzare il cerchio della solitudine e ad annullare le fragilità. Parola di Valentino Statella, campione paralimpico di pesistica, ospite, lo scorso 8 marzo, della giornata di studi che l’Ateneo ha dedicato allo sport come strumento di inclusione sociale. Un processo che passa anche dall’Università, luogo di scambi, di condivisione e di esperienze. 

Valentino è l’esempio di una persona che si è affidata allo sport per ripartire, per vincere le difficoltà e ricostruirsi una vita dopo un tragico incidente. «Io sono sempre stato uno sportivo. Mi sono infortunato nel 1997 e sono stato parecchio tempo fermo. Ricordo che il periodo post riabilitativo è stato molto duro. Grazie all’allenamento in palestra e a molti sacrifici sono tornato autonomo».

Statella, oltre a essere coordinatore regionale per l’attività paralimpica della federazione italiana pesistica, è anche il referente regionale per il comitato paralimpico per gli avvenimenti dello sport degli infortunati sul lavoro. «Mi interessa far capire quanto sia importante per noi disabili fare attività sportiva. Lo sport è uno strumento di riabilitazione per l’inserimento sociale» ha dichiarato.

Fare sport aiuta le persone a guadagnare autonomia. A coinvolgerle e rendere protagoniste in un contesto sociale. Luoghi come le università sono ideali per raggiungere questi obiettivi. Servono strutture e insegnanti adatti. “Servono degli ottimi educatori. Lo sport è anche serietà. Un buon educatore è colui che riesce a mettere insieme tutto. Se non c’è una cultura umanistica, questa cosa si perde. Bisogna far sentire tutti i ragazzi uguali» ha affermato il professor Francesco Casolo, docente di Metodi e didattiche delle discipline motorie.

Ma come si fa a includere attraverso l’attività sportiva? Secondo Edio Costantini, presidente della Fondazione “Giovanni Paolo II” – intervenuto alla tavola rotonda per la presentazione del volume “Inclusione attraverso lo sport” di Simone Bergamini, Raffaele Ciambrone, Fabio Molinari, insieme allo stesso Molinari, a Daniele Pasquini della Cei e alla professoressa Gabriella Frattini - «il principio cardine da cui partire è la centralità della persona. Lo sport crea benessere, fa sentire pienamente vivi e libera energia e irrazionalità. È un modello vincente perché è immediato”. 

Per attuare tutto questo serve un’alleanza con le facoltà di scienze motorie. È la sfida più grande per favorire l’inclusione sociale. Perché, come si è detto nel corso del convegno, «il movimento è propedeutico all’apprendimento». E siamo solo agli inizi.