I cervelli non fuggono, circolano. E lavorano per la nostra economia e le nostre imprese. Anche se le sirene dei mercati internazionali li chiamano lontano dal nostro Paese. Storie come quelle di Stefano Sacchetto e di Elisa Ramirez (nella foto qui a fianco), che hanno nella valigia esperienze formative che li hanno portati dall’Italia all’estero e viceversa, dimostrano che accompagnare i giovani nella strada dell’internazionalizzazione si rivela un valore per loro e per la competitività delle imprese.

Stefano, durante lo stage del Master in Economia e gestione degli scambi internazionali (MEGSI)  dell’Università Cattolica alla Camera di Commercio italiana a Buenos Aires, ha sviluppato richieste di business di aziende italiane. Nonostante le offerte di lavoro argentine, ha scelto di tornare ed è responsabile degli acquisti esteri e delle vendite per un'azienda che commercia e trasforma l'acciaio. «Siamo ancora una piccola realtà ma pian piano ci stiamo facendo largo anche fuori dai confini nazionali: internazionalizzare è fondamentale».

Lo conferma Alessandro Baroncelli, direttore del Master in International Business (MIB) della Cattolica. «Le imprese che dal 2007 in poi hanno sofferto di più sono quelle che non hanno operato su scala internazionale, soprattutto verso quei mercati che hanno assicurato occasioni di crescita anche durante la crisi».

Gli ultimi dati Istat sull’import-export italiano per il primo quadrimestre del 2015 mostrano però un’inversione di tendenza, con una significativa attività di interscambio con l’estero rispetto a un anno fa. Ad aprile 2015, la crescita tendenziale delle esportazioni si attesta a +9,0% ed è trainata dalle vendite verso l’area extra Ue (+12,3%).

«I dati sono confortanti - fa notare la direttrice del Megsi Federica Poli - e il sistema Italia è più consapevole dell’importanza dei mercati esteri e della necessità di dotarsi di una “attrezzatura” più efficace per favorirne l’accesso al più ampio numero possibile di attori».

Strumenti garantiti anche dai cervelli che tornano: «Per alcuni nostri studenti - racconta la professoressa Poli - l’interesse a rientrare in Italia dopo le esperienze all’estero è fondata sull’idea di contribuire concretamente al processo di internazionalizzazione delle imprese italiane e soprattutto delle Pmi che, più di altre, faticano a “lavorare” con l’estero. C’è in questi giovani una forte spinta a “fare qualche cosa per il proprio Paese”».

Come è stato per Luca Battaglia che, dopo lo stage con il Megsi all'Italian American Chamber of Commerce di Chicago, è diventato Expo Representative di una nota marca di Caffè italiano, per cui si occupa di business meeting con buyer internazionali, organizzati dal padiglione "Cibus è Italia" in cui l’azienda è espositrice. «Il nostro export è cresciuto anno su anno, con una presenza in circa 80 Paesi e quasi 90 concept store a proprio marchio», racconta.

Che non si tratti solo di ritorno ma di circolazione di “cervelli” lo dimostra anche Elisa Ramirez, che dal Venezuela ha scelto di frequentare il MIB e ora lavora in Italia per un'azienda multinazionale che produce additivi chimici, dove è product manager a livello globale per la divisione di cosmetica. «Elisa testimonia - dice Baroncelli - che la strada dell’internazionalizzazione per le nostre imprese passa soprattutto dalla scelta di profili coerenti con il mercato estero da affrontare». Siano essi cervelli italiani con esperienze internazionali o di altri Paesi con formazione “made in Italy”.

Per approfondire consultare l'area Economics, management e imprenditorialità nelle pagine dedicate a Postgraduate & Master del sito dell'Ateneo.