La biblioteca d'ateneo dell'Università Cattolica nella sede di MilanoPer fare ricerca occorre acquisire gli “attrezzi del mestiere”. E non è scontato che tutti ne siano dotati. Per questo, in anticipo rispetto a quanto recentemente previsto anche a livello ministeriale, dal 2012 la Biblioteca d’ateneo dell’Università Cattolica di Milano (nella foto) propone un innovativo percorso di formazione, dedicato ai dottorandi, sugli strumenti e i metodi per condurre una ricerca in modo efficiente ed efficace. Il percorso in Management dei processi di ricerca offre una risposta concreta ai dubbi di molti tra gli early stage researcher: «Sono sulla strada giusta e possiedo gli strumenti adatti per il mio lavoro di ricerca?». 

L’obiettivo del corso è di insegnare a individuare le fonti informative più rilevanti, gestire in modo sistematico le bibliografie e gli stili citazionali, utilizzare le risorse informative e gli strumenti più avanzati, finalizzati all'analisi citazionale. «È una proposta organica di un percorso modulare e scalare in cui, come in uno zoom, analizziamo le singole fasi della ricerca - spiegano Paolo Sirito, responsabile del Settore catalogo, reference e qualità, incaricato per la formazione, e Alessandra Di Nunzio, consulente alla ricerca per le Scienze giuridiche -. Come bibliotecari e information specialist, raccogliamo dai servizi di consulenza specialistica tutte le incertezze che si annidano nel condurre in autonomia la ricerca e scorgiamo come lo sviluppo di un lavoro di tesi non sia sempre basato su un metodo scientifico, pur conducendo talvolta a risultati apprezzabili».

Possibile che avere un buon metodo non sia così scontato? La nostra esperienza dice che è più comune di quanto si creda. A volte il ricercatore si imbatte in un riferimento cardine in modo incidentale, in altri casi interviene la segnalazione del supervisor, magari postuma e durante la fase di revisione dell’elaborato. È certo però che, in assenza di tali “accidenti”, la mancanza di un approccio corretto alla ricerca rischia di far perdere punti nevralgici dell’argomento.

Come cerca di ovviare questo problema il vostro percorso? Operiamo “scomponendo” il processo di ricerca nelle fasi che lo costituiscono e affrontandole singolarmente, differenziandole per natura, obiettivi ed expertise necessarie per portarle a termine. Ciò si traduce in una serie di incontri caratterizzati da livelli crescenti di complessità e di importanza, in termini di competenze metodologiche da acquisire. 

Che metodo seguite? C’è un sottotitolo che potremmo applicare al corso: “Ricercare è un processo con regole”. Se i presupposti per essere dei bravi ricercatori sono la predisposizione all’approfondimento e all’analisi critica insite nella personalità, vi sono altresì capacità che si possono acquisire con metodo e tecnica. Questo approccio è per sua natura trasversale: prescinde dai singoli ambiti disciplinari, come dagli argomenti che si intendono affrontare.

Cosa intendete per approccio trasversale? Il processo di ricerca viene esaminato nelle sue fasi e questo prescinde dalle singole materie, anche se la trasversalità non deve andare a scapito della specificità. Se i contenuti restano presidio assoluto della cattedra accademica, vengono però proposti moduli di livello avanzato per sezioni tematiche, quali: Umanistica, Scienze sociali, Diritto, Economia e Scienze politiche. Una delle novità di quest’anno accademico è stato un breve corso approfondito, in forma laboratoriale, su un tema di frontiera per i dottorandi dell’area umanistica, ovvero le Digital Humanities: è stato analizzato un progetto reale della Biblioteca di ateneo, approfondendo fasi quali la digitalizzazione dei contenuti del fondo librario, l’indicizzazione e i metadati di ricerca, la pubblicazione online. 

E per quanto riguarda le sempre più numerose risorse “libere” su Internet? Ci occupiamo anche di quelle. Proprio quest’anno abbiamo introdotto un nuovo modulo intitolato Risorse informative free: come vagliare su web, consapevoli che, nonostante le risorse acquisite da noi siano maggiori che in altri atenei, queste non possano considerarsi esaustive di una ricerca che deve esser condotta su tutti i canali oggi esistenti. Se, fino a un decennio fa, biblioteche e cattedre guardavano al web con estrema diffidenza, oggi per tutti rappresenta una fonte primaria di informazioni, come nel caso del recupero di dati istituzionali, ma anche per i siti d’autore. Allo stesso tempo, ciò rende necessario conoscere, criteri e sistemi di validazione, per riuscire ad attingere solo quanto c’è di ufficiale e scientifico su Internet e quindi utilizzabile ai fini di una produzione accademica

In che modo questo può contribuire al raggiungimento degli obiettivi di lungo periodo dei giovani ricercatori? La risposta nasce dal numero crescente di adempimenti di carattere normativo dell’Ateneo e dei singoli ricercatori nei confronti degli organi di valutazione. Siamo partiti in sordina, tre anni fa a ridosso della riforma del sistema delle abilitazioni scientifiche e oggi siamo ancor più disposti a condividere tutte le competenze presenti in Biblioteca per contribuire alla formazione delle giovani leve del nostro ateneo che – ne siamo fiduciosi – hanno le possibilità di rappresentare al meglio la ricerca scientifica sul panorama europeo e mondiale.