Mai come adesso recidere il legame tra economia lecita e organizzazioni criminali richiede uno sforzo congiunto di tutte le istituzioni: ne va della crescita globale del Paese, tanto in termini di legalità, quanto in termini strettamente economici.

La terza edizione del Corso di Alta Formazione per Amministratori giudiziari di Aziende e Beni Sequestrati e Confiscati (Afag), organizzato dal Centro Studi “Federico Stella” sulla Giustizia penale e la Politica criminale (Csgp) in collaborazione con il dipartimento di Studi europei e della integrazione internazionale (Dems) dell’Università di Palermo, ha preso avvio lo scorso 21 novembre proprio sotto il segno del coinvolgimento delle istituzioni coinvolte nella lotta al crimine organizzato nel quadro di un più vasto disegno di contrasto all’illegalità nei rapporti economici.

La tavola rotonda che ha inaugurato questa terza edizione del corso, intitolata Misure patrimoniali e contrasto alla criminalità, ha rappresentato un’occasione proficua per mettere a fuoco i problemi principali e le sfide che attendono coloro che sono, in varia guisa, coinvolti nella lotta al crimine organizzato e all’illegalità nei traffici economici: sia che si tratti di amministratori giudiziari di aziende e beni sequestrati e confiscati, sia che si tratti di magistrati o più in generale di rappresentati delle istituzioni, il problema è quello di far emergere una cultura della legalità e delle regole che non sia vissuta come contrastante con la legittime dinamiche economiche.

L’auspicio è quello di una “legalità profittevole”, come ha spiegato nel suo intervento introduttivo il professor Gabrio Forti, preside della facoltà di Giurisprudenza e direttore del Csgp: attraverso la sottrazione dei patrimoni illeciti alla criminalità e la loro gestione in chiave, ove possibile, imprenditoriale, lo Stato può dare un segnale importante circa la capacità di fare profitto nel rispetto delle regole e senza frustrare la libera concorrenza.

Un tale disegno richiede una partnership stretta tra le istituzioni e le imprese specie nelle regioni del Nord: come ha sottolineato il presidente della Corte d’Appello di Milano Giovanni Canzio, le vicende giudiziarie - come la nota inchiesta “Infinito” - dimostrano che le peculiarità del quadro economico della Lombardia, con l’avvicinarsi di Expo 2015, richiedono una risposta forte da parte di tutti, anche in considerazione dell’allarmante dato delle aziende sequestrate e confiscate.

Una risposta forte non può prescindere da intervento mirato di sostegno a coloro che operano in prima linea nella gestione e destinazione dei beni sottratti alla criminalità: il prefetto Umberto Postiglione, direttore dell’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, ha sottolineato il grande ritardo che, sia sul piano normativo sia sul piano delle risorse, caratterizza l’Agenzia da lui diretta, investita di compiti sempre più gravosi e impossibilitata, per mancanza di risorse, a far fronte all’esigenza che lo Stato sia davvero “padrone” del territorio.

Una sfida che richiede competenze particolari e nuove, come quelle che il corso Afag riesce a formare, ma anche un nuovo approccio al tema delle misure di prevenzione antimafia, come ha evidenziato, in conclusione dei saluti istituzionali, Fabio Roia, presidente della Sezione autonoma Misure di Prevenzione del Tribunale di Milano: le misure di prevenzione forniscono una risposta in tempi brevi e possono essere utilizzate anche per contrastare la criminalità economica in generale, ma sono “aggressive” dal punto di vista dei diritti individuali e vanno costantemente “manutenute” per assicurarne equilibrio e ragionevolezza applicativa.

Raffaele CantoneLa vastità dei temi introdotti negli interventi introduttivi ha fatto da sfondo alla tavola rotonda vera e propria che ha visto la partecipazione di Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, di Giorgio Fidelbo, consigliere della Corte Suprema di Cassazione e di Giuliana Merola, collaboratore della Commissione Nazionale Antimafia.

La discussione ha confermato la necessità di una visione ampia sugli intrecci tra economia, pubblica amministrazione e criminalità organizzata.

Come ha illustrato Raffaele Cantone, l’Autorità Nazionale Anticorruzione, nata a seguito della legge 190 del 2012, costituisce un esempio importante di regolazione e controllo delle attività economiche in collaborazione con le singole pubbliche amministrazioni. Specie in relazione a Expo 2015, l’Autorità sta dimostrando di poter infondere trasparenza nella gestione degli appalti pubblici con interventi mirati sulle singole commesse e con penetranti poteri di indagine e addirittura di commissariamento della gestione di specifici appalti.

Il coinvolgimento delle imprese nella prevenzione del crimine economico e organizzato sembra, d’altra parte, il tratto caratterizzante delle più importanti novità normative intervenute negli ultimi anni: lo dimostra, come ha sottolineato Giorgio Fidelbo, la crescente importanza che sta assumendo – sia pure con difficoltà – il d.lgs. 231/2001 sulla responsabilità degli enti. Attraverso i modelli organizzativi e l’autonormazione che il legislatore richiede agli attori economici, si cerca di implementare la partnership tra pubblico e privato nella direzione di una più efficace e condivisa strategia di contrasto alle infiltrazioni criminali nell’economia lecita.

La magistratura, dal canto suo, possiede strumenti di grande efficacia ma spesso di difficile  gestione. Giuliana Merola, in questo senso, ha posto l’attenzione sul fatto che la confisca dei beni non si limita a sottrarre ricchezze ma, di più, toglie prestigio sociale ai componenti delle organizzazioni criminali: ben più della perdita delle libertà, la perdita dei beni è temuta dai boss mafiosi perché li priva del loro status di detentori del controllo sul territorio e di dispensatori di lavoro e di denaro. Occorre, però, uno sforzo di razionalità da parte di tutti e del legislatore in primis: la materia della prevenzione antimafia è nata e si è sviluppata sull’onda di ricorrenti emergenze e la sua organicità ne risente, con le conseguenti difficoltà sul piano applicativo che tutti i protagonisti – dai giudici agli amministratori giudiziari – avvertono.

In definitiva, uno sforzo congiunto, una sfida collettiva, di cui il Corso Afag sembra rappresentare un luogo privilegiato di confronto e di avanzamento della riflessione civile e culturale su temi tanto complessi quanto urgenti.