«L’ironia è un dono innato, se non la possiedi, non puoi impararla». Parola di Diego Abatantuono, attore, comico, autore e “regista in campo”, ospite del master in Scrittura e produzione per la fiction e il cinema dell’Università Cattolica.

Affiancato da Maurizio Sangalli e Renata Avidano, autori di sit-com e di testi comici, Abatantuono si è raccontato a 360 gradi, spaziando dalla vita sul set, agli incontri straordinari che hanno segnato la sua lunga carriera.

«In qualunque scuola io entri, entro per imparare», esordisce Abatantuono di fronte agli studenti, che assistono alla proiezione di alcuni stralci dei suoi film indimenticabili, dal cult Eccceziunale veramente, a Concorrenza sleale di Ettore Scola, girato in un’unica strada di Cinecittà, «la stessa in cui ho girato anche Soap Opera o Gli amici del Bar Margherita».
 
Diego racconta le difficoltà e gli obblighi di uno dei lavori “più belli del mondo”: «Il cinema è un baraccone a cui partecipano molte persone che con il film si giocano molto. Non è giusto portare i propri problemi personali sul set perché ci vanno di mezzo tutti».

 Diego Abatantuono in largo Gemelli con Maurizio Sangalli e Renata Avidano

Ripercorrendo le tappe principali della sua carriera, Abatantuono arriva all’incontro con Gabriele Salvatores, “un incontro di vita”. Non si tratta solo di una collaborazione, ma anche della creazione di una società e di una vera e propria famiglia. Kamikaze, Marrakech Express, Mediterraneo, Puerto Escondido sono solo alcuni esempi di questa eccezionale collaborazione di intenti. E gli aneddoti si sprecano: «Quando siamo partiti per il Marocco, per girare Marrakech express, la storia aveva una struttura precisa, ma in corso d’opera molte cose sono cambiate, grazie a idee mie e di Gabriele. Giuseppe Cederna doveva essere il mio più caro amico nella sceneggiatura, ma eravamo troppo diversi per essere credibili e l’abbiamo modificata.

«Con Gabriele condivido la passione per la commedia brillante, il genere cinematografico in cui il tipo di attore che prediligo, come Sordi, Gassman, Tognazzi, Matthau, si esprime meglio». Il rapporto tra attore e regista deve avere alla base «simpatia, attrazione e collaborazione». Ogni incontro però ha la propria specificità: «Con Pupi Avati è stato un approccio perfetto perché aspettavo proprio quella proposta. Nel caso di Veronesi, con cui ho girato Per amore solo per amore, è stato un corteggiamento, perché lui era un regista esordiente».
 
Abatantuono dalla storia passa all’analisi della sceneggiatura comica. «Puoi avere uno spiccato senso dell’umorismo, ma se la sceneggiatura non è all’altezza, il film può rivelarsi un flop». Non è facile scegliere una sceneggiatura. Abatantuono segue una regola ben precisa nella scelta di un film: «Non mi interessa fare un figurone in un brutto film, preferisco fare un bel film, così sicuramente faccio un figurone. Prima di tutto mi chiedo se il film mi interessa e se lo andrei a vedere». Questa è la regola principale a cui segue una scelta logistica, quindi la località, il tempo di ripresa e le modalità: «Ho una famiglia e dei figli, voglio sapere se devo stare due o tre mesi lontano da casa». Infine la domanda più importante, quella che riguarda la capacità di realizzarlo: «Devo sentirmi all’altezza di ogni scena».

Secondo Abatantuono il nesso tra serietà e comicità è molto labile. «Uno può anche tenerti buona parte di film in attesa di una risata e rendere piacevole quell’attesa». L’esempio meglio riuscito è La vita è bella di Benigni, la fusione perfetta dei due generi. «Cercare di coniugare le due cose è molto difficile, è un azzardo, ma anche un’idea».

Passando per la sua esperienza tv con il Giudice Mastrangelo, in cui «ho tentato di dare corposità alla parte comica», Abatantuono arriva a parlare dei problemi della commedia italiana moderna: «Oggi quando un film funziona ne vengono realizzati altri sette uguali, ma non è sempre così. Il problema è la scomparsa dei film di genere».
 
Al termine dell’incontro Abatantuono parla di futuro, delle grandi potenzialità del web, in grado di fornire visibilità a chi fatica a trovarla, per poi passare ai consigli. «Capire che lavoro vuoi fare prima di essere stato su un set è abbastanza difficile. Ho visto un sacco di persone cambiare in corso d’opera. Questo lavoro è strano. Finché non lo fai non sai se sei adatto, se sei l’uomo giusto al posto giusto. Il mio suggerimento è lavorare, perché non ci sarà mai una lezione equivalente alla pratica».
 
Prima di salutare, Abatantuono lascia gli studenti del master con un augurio: «Auguro a tutti di partire per fare un film, girare per due mesi in Marocco, in Kenya, in Brasile. Vi auguro di allontanarvi da tutto quello che è la prassi quotidiana per fare la cosa più bella al mondo».