di Sofia Rossi *

william nicholson«Fallire è pur sempre vivere». Parola di William Nicholson. Lo sceneggiatore del Gladiatore e di Viaggio in Inghilterra e di una decina di opere cinematografiche di grande qualità, come, ha tenuto una lectio in apertura della settima edizione del master in Scrittura e produzione per la fiction e il cinema. Consigli illuminante soprattutto per chi si è trovato a pensare di rinunciare a scrivere.

Secondo lo sceneggiatore due volte nominato all’Oscar «il fallimento è un buon soggetto di cui scrivere». Nicholson, nella sua lezione di tre ore riservata agli studenti del master e poi pubblicamente nella Lectio pomeridiana a cui ha assistito un gran numero di studenti assiepati in ogni minimo angolino della sala, si è riferito all’arte della scrittura come al «business della verità», poiché a giocare un ruolo fondamentale è il bisogno del pubblico di assistere a storie vere e capaci di creare emozioni reali. Storie in cui non è tanto importante la precisione del singolo dettaglio, ma la verità profonda, umana, che si cerca di trasmettere attraverso una sceneggiatura.

Ma per aiutare gli studenti a non avere paura e a non scoraggiarsi, Nicholson - autore di film di grandissimo successo come Les Misérables e del film diretto da Angelina Jolie, Unbroken, in arrivo sugli schermi di tutto il mondo, ma anche di opere teatrali che hanno vinto numerosi premi, di una decina di romanzi, alcuni dei quali venduti in tutto il mondo - ha voluto iniziare proprio dai suoi fallimenti, dai primi romanzi che nessuno voleva pubblicare, dai film che ha scritto ma che non sono arrivati (ancora) sullo schermo.

Scrivere è un’enorme responsabilità, ha detto, perché è la possibilità di lasciare un segno, di comunicare ad altri i valori in cui si crede in un mondo dove spadroneggia la menzogna. Ma scrivere è anche un lavoro faticoso, fatto di rifiuti e sconfitte con cui occorre saper fare i conti. Con grande sensibilità lo Nicholson ha messo in luce l’alternativa sempre possibile tra il cinismo dello sceneggiatore disilluso perché “maltrattato” dallo show business e quella dell’artista libero, consapevole delle dinamiche non sempre soddisfacenti con cui funziona la produzione di film, ma capace di «lasciar andare la propria creatura».

Nel suo caso, il lavoro come romanziere gli dà quella libertà creativa e quel controllo integrale sul proprio lavoro che invece nel cinema è rarissimo. Senza che questo gli impedisca di accettare le “regole del gioco” del sistema dell’entertainment. Eppure riesce a dare sempre una sua firma autoriale, fatta di profondità nei personaggi e di audacia nel toccare grandi temi: come quando ha trasformato Il gladiatore da un qualsiasi film d’azione per ragazzini a un’indimenticabile storia epica, grazie al desiderio del protagonista di riunirsi alla sua famiglia nell’aldilà.

Non sono mancati anche consigli dal sapore più tecnico, come gli escamotages per superare le proprie paure di scrittore alle prime armi e per non perdersi durante il lavoro. Da scrittore disciplinato e navigato quale è, Nicholson dedica alle sue opere l’intera mattinata, ma poi si prende il pomeriggio per ricaricare le batterie: «Bisogna trovarsi tra la gente, vivere la vita che si sta raccontando». Un invito, il suo, a essere artisti reattivi al contesto in cui si vive, fonte inesauribile di idee.

A chi ha una gran paura di mettersi alla prova, l’intervento dello sceneggiatore americano ha ricordato che «scrivere ha un enorme valore e vi farà diventare più profondi e più saggi». Perciò, avanti tutta.

* allieva del master in Scrittura e produzione per la fiction e il cinema