di Enrico Reggiani *

William Shakespeare è ovunque, da sempre. Il Bardo di Stratford-upon-Avon non conosce confini: vivifica ovviamente le più diverse latitudini della letteratura (in) inglese (continuando ad alimentare persino un vivace dibattito sulle sue radici religiose: anglicano o cattolico?), ma arricchisce anche le lande più remote e inaspettate della cultura d’ogni tempo, spazio e competenza. Medici, economisti, giuristi, politologi, filosofi, storici, ecc ecc… lo coltivano con costanza incrollabile, benché - absit iniuria verbis - non sempre adeguatamente fondata dal punto di vista testuale e culturale. Ma tant’è, non è il caso di arricciare il naso: basta il pensiero. O no? 

Qualche esempio più circostanziato di devoto “cultore non specializzato”? Eccone alcuni, per comodità di chi scrive, dal mondo di lingua inglese (ma se ne ritroverebbero facilmente di analoghi ai quattro angoli del mondo). 

Gary Marcus, psicologo della New York University, invoca l’Amleto all’inizio di un suo studio sull’ingegneria approssimativa della mente umana (2008). Lo stesso fa, con la seconda parte dell’Enrico IV, Ian Jordaan, professore emerito nella facoltà di Ingegneria e Scienze applicate della canadese Memorial University, in un volume dall’amletico titolo di Decisioni incerte. L’Analisi probabilistica e le decisioni dell’ingegneria (2005). 

Infine, è grazie a un’arguta citazione di un passo della Tempesta (1.2,38-39) che, in un volume sull’ingegneria tissutale del 2004, l’ingegnere biomedico W. Mark Saltzman della Yale University compie il prodigio di un raffinato gioco di parole sul termine inglese “cell” (“cella di prigione” per il Bardo, “cellula” per lui): “riesci a ricordare / un tempo in cui non eravamo ancora in questa cell(ul)a?” 

Potevano mancare compositori e musicisti d’ogni tempo e d’ogni dove in questa schiera di appassionati shakespeariani per vocazione? Naturalmente no: anzi, sono legione innumerevole e possono spesso vantare meriti cultural-musicali di assoluto prestigio. 

Tra il diciottesimo e il ventesimo secolo, ad esempio, la presenza del Bardo di Stratford-on-Avon nella cultura musicale europea si è manifestata costantemente e secondo le più diverse modalità, siano esse dirette, cioè attraverso innumerevoli composizioni musicali nei più svariati generi che traggono ispirazione dalla sua opera e la elaborano creativamente; siano esse indirette, cioè promuovendo Shakespeare a modello di riferimento non soltanto sul piano musicale e compositivo, ma più ampiamente su quello antropologico, esistenziale, estetico, culturale, ecc, e “traducendone la lezione“ in pensiero musicale, prassi creativa e riflessione critica.

Sul primo versante, possono valere come esempi Berlioz, per il quale, secondo Theodore Child, “il Bardo fu causa di felicità e di sventura, ispiratore di fatiche musicali e del più grande dramma della sua vita”; Wagner, che, in una lettera all’amica Eliza Wille del 1864, scrive di ricordare “un sogno della mia giovinezza in cui mi apparve Shakespeare vivo e in carne e ossa”; i compositori slavi, che, nella seconda metà dell’ottocento, trovarono nelle nuove traduzioni shakespeariane nelle loro lingue energia compositiva per esprimere le loro aspirazioni nazionali; Britten, la cui raffinata competenza letteraria seppe trasformare la materia shakespeariana grazie a una genialità compositiva altrettanto preziosa. 

Sul secondo versante, come non ricordare che al monumento Shakespeare furono accostati elogiativamente alcuni giganti dell’esperienza musicale occidentale quali Händel (da Anton Friedrich Justus Thibaut, Georg Gottfried Gervinus e Samuel Butler), Haydn (da Karl Ludwig Junker) e Beethoven (da E. T. A. Hoffman e lo stesso Richard Wagner)?

È proprio Shakespeare in musica il tema affrontato dalla seconda edizione del Workshop di analisi cultural-musicale secondo gli assunti teorici, analitici ed ermeneutici della “cultural musicology”, e nella cornice del doppio anniversario shakespeariano (2014 e 2016). 

* docente di Letteratura inglese all'Università Cattolica del Sacro Cuore, direttore del Workshop di analisi cultural-musicale