Summer School 2014di Giovanni Marseguerra *

Un numero crescente di persone sceglie di trascorrere una parte dell'estate studiando Dante o Manzoni, il rapporto tra arte e fede, i temi ambientali o l'ideazione di programmi televisivi sullo sport. L’esperienza delle Summer School è un modo alternativo di impiegare un po’ del tempo libero estivo per investire in cultura, nel perfezionamento o nell'aggiornamento delle proprie conoscenze e competenze. 

In Università Cattolica nel 2013 questa opportunità ha convinto 413 partecipanti: erano 279 nel 2012 e 180 nel 2007 quando l'ateneo decise di iniziare a investire in questa peculiare tipologia di corsi. Chi sono questi entusiasti della riflessione e dell'approfondimento svolto in piccole comunità che ascoltano, dialogano, fanno e si fanno domande? Sono per la maggior parte professionisti in cerca di aggiornamento e nuovi stimoli ma anche studenti e dottorandi, e la loro età spazia dai 19 agli oltre 60 anni. Che non partecipano solo a lezioni in aula ma anche a lavori di gruppo, seminari, simulazioni, scrittura di report, ecc.

Si tratta di un fenomeno di grande interesse che deve essere considerato con la massima attenzione. Ormai è noto a tutti che, nella società della conoscenza, è la persona la risorsa più importante, più del gas o del petrolio o di qualunque altra risorsa naturale. Ma la persona è per sua natura un nesso di relazioni (a differenza dell'individuo della cultura anglosassone), e le relazioni necessitano di altre persone per dispiegare tutta la loro ricchezza e potenzialità. In altri termini, oltre alla persona serve la comunità. 

È proprio dalle comunità basate sulle persone e sui rapporti interpersonali solidaristici che dobbiamo ripartire se vogliamo uscire da una crisi che non sembra finire mai. Sotto questo profilo la partecipazione a una Summer School organizzata dalla Cattolica diventa allora una scelta piena di senso (e direi anche di "buon" senso). Perché la Cattolica ha nel suo Dna l'idea che non è sufficiente fornire competenze (lo fanno già tutte le  Università), non basta trasmettere conoscenze (lo fanno già parecchi Atenei): serve anche saper formare ed educare, riuscire a formare persone capaci di responsabilità personale e sociale, capaci di scelte e di giudizi di valore sui temi fondamentali

Le comunità che si formano d'estate per brevi ma intensi periodi costituiscono un momento di crescita personale e professionale che ha poi i suoi effetti in tutti gli altri mesi dell'anno. Il confronto continuo con i docenti e con i colleghi corsisti, il tempo per affrontare ogni sorta di questione: sono occasioni che non capitano frequentemente, occasioni rare, da cogliere al volo perché negli altri mesi dell'anno la frenesia spesso impedisce di fermarsi a ragionare, a riflettere sul senso delle cose. 

A spingere a partecipare a una  Summer School poi c'è anche, ovviamente, la necessità di approfondire tematiche specifiche, di tenersi aggiornati in una società in cui la dinamica accelerata è ormai la norma e si fa fatica a seguire e a capire tutte le novità e i cambiamenti di ogni professione. Ma anche le competenze, proprio per essere di valore, devono essere poste all'interno di un insieme di conoscenze generali che consentano di guardare lontano (in avanti ma anche all'indietro perché la storia ha sempre molto da insegnare). E anche sotto questo profilo la Cattolica è oggi una garanzia.

Dunque, a ben vedere, non è poi così strano che un numero crescente di persone scelga di utilizzare il proprio tempo libero per dare una valenza operativa, attiva e concreta a questa libertà. È un segno che da questa crisi vogliamo uscire presto. E insieme.

* docente di Economia politica alla facoltà di Scienze politiche e sociali e delegato del rettore per il coordinamento dell’offerta formativa 


Le Summer School 2014