«Identificare i bisogni del paziente è prioritario soprattutto nelle fasi finali del percorso di vita e di malattia di una persona e del nucleo familiare che lo accompagna. Al di là degli interventi terapeutici, occorre prendersi carico integralmente della persona destinataria degli interventi». Sono le parole che Mario Melazzini, direttore generale dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), ha indirizzato in un videomessaggio ai partecipanti del convegno “La complessità dei bisogni nella fase ultima della vita”, promosso dai Centri di Ateneo di Bioetica e della Vita dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, che si è tenuto al Policlinico Gemelli lo scorso 23 febbraio. «Il percorso di fine vita – ha affermato Melazzini – è il momento in cui la medicina si fa più personalizzata. La dignità sta nello sguardo del curante».

«La discussione sull’argomento si sta polarizzando sul modo di affrontare alcune scelte drammatiche, ma la polarizzazione del dibattito è perniciosa» ha esordito il rettore Franco Anelli nel suo intervento di apertura. «Ci sono dei bisogni che attengono alla fase finale della vita; la questione è l’approccio ai bisogni della persona, l’accompagnamento, la cura di chi è nella fase ultima. La questione è l’approccio ai bisogni della persona, l’accompagnamento, la cura di chi è nella fase ultima, la cura dell’incurabile, di chi non potrà guarire ma ha bisogno di essere curato e di un medico che ne attenui le sofferenze».

I lavori del convegno sono stati introdotti dal professor Adriano Pessina, direttore del Centro d’Ateneo di Bioetica: «Oggi si attribuisce grande peso alla procedura, che sembra rassicurare sia l’operatore sanitario sia il paziente. Le procedure sono importanti, ma funzionano solo se si incontra all’interno dei processi di cura e assistenza il vissuto del singolo che si trova ad affrontare due elementi decisivi nell’esistenza umana. Il dolore, con il nuovo “sguardo” delle cure palliative, è l’elemento diffusivo e che coinvolge malato, operatore sanitario e parenti ed è l’aspetto dell’angoscia e della disperazione».

«Occorre ripensare e ricomprendere la morte sapendo che un giorno capiterà anche a noi. Da questa riflessione sulla nostra finitudine occorrerebbe trarre un orientamento etico che potrebbe guidare la nostra vita» ha affermato Marianna Gensabella, docente di filosofia morale dell’Università degli studi di Messina e membro del Comitato nazionale per la bioetica. «Le ultime ore sono perdonare, perdonarsi, accettare la perdita di tutto ciò che siamo stati e trovare in questa perdita un’occasione di liberazione, imparare a lasciar andare e, infine, imparare a sperare». Italo Penco, presidente della Società italiana di cure palliative, ha sottolineato l’importanza dei “bisogni spirituali” del paziente che, «in ogni momento della sua malattia deve avere come riferimento un punto di cura adatto alle esigenze di quel momento».

Al convegno hanno partecipato il preside della facoltà di Medicina e chirurgia Rocco Bellantone, i professori dell’Università Cattolica di Roma Carlo Barone, Roberto Bernabei, Rodolfo Proietti e Vincenzo Valentini e la dottoressa Adriana Turriziani, responsabile dell’Unità di Cure palliative del Policlinico Gemelli che ha sottolineato l’importanza della formazione del personale medico e sanitario su cui l’Università Cattolica del Sacro Cuore è all’avanguardia. Al termine del videomessaggio Mario Melazzini ha informato i presenti della recente istituzione in Aifa di un tavolo di lavoro sulle cure palliative con rappresentanti del Ministero della Salute ed esperti del settore per una valutazione, nel corso di un paio d’anni, sui farmaci e le procedure impiegati». «Guarire non sempre è possibile – ha concluso - ma dare sollievo e consolare sì».