Esiste una correlazione tra il benessere delle vacche e la produzione di latte di qualità ed ecosostenibile? Gli studi scientifici dimostrano che è così. E con questo obiettivo nasce nella sede di Piacenza il nuovo Centro di ricerca Romeo ed Enrica Invernizzi per le produzioni lattiero-casearie sostenibili (Crei), un polo all’avanguardia per progettare una vera azienda agricolo-zootecnica del futuro, che sarà realizzata a Piacenza. All’interno di questo prototipo saranno avviati programmi di ricerca innovativi nella filiera latte-formaggio, che riguarderanno le nuove tecnologie “omiche”: genomica, trascrittomica, metabolomica, proteomica, epigenomica.

Otto milioni e 200 mila euro di investimenti messi a disposizione dalla Fondazione Romeo ed Enrica Invernizzi per celebrare il 25° dalla sua Fondazione (1991), con la finalità di creare un modello di riferimento per gli studi sulla produzione efficiente, sostenibile e sicura di latte e dei suoi derivati a ridotto impatto ambientale. 

Un obiettivo che s’inserisce in un percorso di lunga data avviato da Scienze agrarie, ambientali e alimentari. «Investendo in ricerca sul tema dello stato di salute dell’animale - spiega il direttore del nuovo Centro, il microbiologo Lorenzo Morelli - la facoltà lavora a favore sia del consumatore, affinché il prodotto che acquista sia sicuro e di qualità elevata, sia dell’impresa agricola, fornendole strumenti sempre più aggiornati per una produzione sostenibile, anche sotto il profilo economico». 

D’altronde il tema dell’origine animale e del made in Italy nel settore lattiero-caseario resta di grande attualità nel nostro Paese, dove proprio in questi giorni è scattato l’obbligo di indicare in etichetta l’origine del latte e dei suoi derivati come burro, formaggi, yogurt a seguito del decreto firmato a metà aprile dai ministri delle Politiche Agricole, alimentari e forestali Maurizio Martina e dello Sviluppo Economico Carlo Calenda per garantire la massima tutela e trasparenza per consumatori e produttori. 

«Da anni abbiamo formulato e stiamo aggiornando costantemente un “indicatore multifattoriale per valutare lo stato di benessere dell’animale in allevamento». Non a caso un nostro dottorando a breve andrà in Oregon per verificare l’applicazione di questo indice di valutazione sugli animali da pascolo» osserva il professor Morelli. Ma in che cosa consiste questo indicatore? «Si tratta di un sistema integrato che prende in considerazione tre grandi aree di analisi: la risposta animale, che include l’indagine sul comportamento della vacca, sul modo in cui si relaziona con l’ambiente esterno, sulla presenza di patologie, sullo stato di ingrassamento e sulla qualità del latte; l’ambiente in cui l’animale vive (areazione, dimensione cuccette, dimensione abbeveratoi, ecc); l’alimentazione, ovvero la qualità della dieta, che deve essere sicura ed equilibrata». 

Nell’azienda agricolo-zootecnica del futuro le tecnologie “omiche” affiancheranno quelle più tradizionali per il monitoraggio del benessere degli animali, lo studio della risposta all’alimentazione e della fisiologia dei bovini da latte, delle interazioni con il microbioma ruminale e intestinale e degli effetti di diete diverse sulla salute, sull’efficienza digestiva e sulla produzione di gas serra da parte degli animali, oltre che le ricerche sui processi tecnologici legati alla trasformazione del latte.