Lipsia può essere considerata a ragione la nuova Berlino per il fervore culturale di cui è stata protagonista negli ultimi anni. Nella città tedesca la prestigiosa Sächsische Akademie der Wissenschaften, che annovera tra i suoi membri premi Nobel come Max Planck, Gustav Hertz e Werner Heisenberg e grandi storici del calibro di Theodor Mommsen, ha ospitato dal 4 al 6 giugno un convegno italo-tedesco dal titolo “Documenti imperiali e regi per destinatari tedeschi e italiani (secc. IX-XI) e loro effetti in età medievale e prima età moderna (fino al 1500 circa)”.

L’iniziativa è stata finanziata dall’organizzazione statale che promuove l’internazionalizzazione della ricerca tedesca, la DAAD (Deutscher Akademischer Austauschdienst), e progettata da Wolfgang Huschner, professore di Storia medievale a Lipsia che dal 2012 dirige la sezione di filosofia e storia della Sächsische Akademie der Wissenschaften, insieme con Nicolangelo D’Acunto, docente di Storia medievale all’Università Cattolica e membro del dipartimento di Studi medievali, umanistici e rinascimentali.

Al convegno hanno partecipato autorevoli studiosi provenienti da molte università italiane e tedesche, con la felice eccezione di François Bougard, medievista di Paris X-Nanterre e Direttore dell’Institut de Recherche pour l’Histoire des Textes, grande esperto di storia altomedievale italiana. Tra i relatori, oltre al professor D’Acunto, anche Guido Cariboni, docente di storia medievale, e Gianmarco Cossandi, attivi presso la sede bresciana dell’ateneo.
 
Molto consistente la pattuglia di giovani borsisti italiani, tra i quali alcuni laureati della Cattolica (compresa chi scrive!), invitati a partecipare alle discussioni seguite a ciascuna relazione. Il clima gioviale tra relatori e “discussant” ha permesso un fruttuoso scambio non solo a livello scientifico, ma anche personale, dimostrando una volta di più che questi due piani difficilmente possono essere scissi.

Al centro del convegno sono stati i diplomi, documenti imperiali solenni, emanati nei secoli IX-XI (il periodo che va da Carlo Magno a Enrico V), per destinatari tedeschi e italiani.

Con gli strumenti dell’analisi diplomatistica gli studiosi hanno cercato di andare al di là del contesto immediato che aveva condotto alla produzione di questi documenti, indagandone invece le virtualità nel corso dei secoli attraverso l’esame di quella che tecnicamente si definisce la “tradizione”, cioè le modalità con le quali un certo documento ci è pervenuto.

L’analisi delle copie e delle falsificazioni che si sono succedute nei secoli ha consentito di mettere in evidenza la coincidenza tra queste operazioni di rivisitazione dei documenti con le cesure essenziali della vita delle istituzioni per le quali essi erano stati prodotti e conservati. Questo costituisce una grande novità metodologica. Infatti di solito la ricerca storica e diplomatistica tiene conto unicamente del documento originale e si limita a fornirne un’edizione impeccabile del diploma riservando alla copia un ruolo marginale, fatta eccezione per il caso in cui l’originale sia andato perduto.

Il simposio di Leipzig ha, invece, cercato di mostrare quali originali fossero copiati dalle generazioni successive a quelle dei destinatari, quali fossero i motivi di queste operazioni e quali le modalità. Attraverso l’esame di un’ampia casistica è stato possibile mettere in risalto anche quali trasformazioni dei caratteri estrinseci e intrinseci avvenissero nel passaggio dall’originale alla copia. Da tali analisi è emersa chiaramente la necessità di superare gli artificiosi steccati disciplinari come quello tra storia e diplomatica, che ostacolano il reale progresso scientifico.

Grande è stata la soddisfazione dei partecipanti, che hanno avuto la netta sensazione di avere contribuito a un rinnovamento effettivo degli studi storici e gravido di futuri sviluppi, come ha sottolineato uno dei “mostri sacri” della medievistica tedesca, Theo Kölzer, dell’università di Bonn, a cui è stata affidata una conferenza serale che ha riscosso grande successo di pubblico.

Il professor D’Acunto ha ribadito che l’Università Cattolica ha confermato in questa occasione di essere al centro della medievistica internazionale con la sua capacità di coordinare le energie più vivaci della ricerca italiana e di proiettarle nel contesto europeo, così com’è nella sua tradizione fin dagli anni Cinquanta del Novecento con le Settimane della Mendola. Non è inoltre da sottovalutare, secondo D’Acunto, il ruolo giocato dalle strutture amministrative dell’Università Cattolica, in particolare dagli Uffici Ricerca di Milano e Brescia. Senza la loro efficienza e reattività questa prestigiosa partnership italo-tedesca non si sarebbe realizzata.