Il presidente della Regione Lombardia Maroni all'AseriL’incontro dell’Alta Scuola di Economia e Relazioni internazionali (Aseri) con il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni non poteva eludere la notizia del giorno in tutta Europa: la vittoria di Syriza alle elezioni politiche greche. «Pur non avendo prodotto alcuno scossone sui mercati, quanto successo in Grecia è positivamente significativo per il suo effetto politico - ha affermato il padrone di casa, il direttore dell’Alta Scuola Vittorio Emanuele Parsi nel corso del secondo appuntamento del ciclo promosse da Formiche in collaborazione con Aseri -. Ha dato nuova vitalità a una democrazia che sembrava essere un impiccio, un ingombro per la costruzione del progetto europeo».

Per il direttore dell’Aseri il successo conseguito da Tsipras ha consentito di dare una nuova fiducia al sistema democratico rappresentativo. Il tutto responsabilizzando i cittadini anche per le scelte che riguardano le politiche economiche e la salute dello Stato, sottolineando che, se così non fosse «esisterebbe un empireo di scelte troppo impegnative che non debbano essere sottoposte a scrutinio elettorale: ma non si possono fare i conti senza l'oste, senza il popolo». Quello che è successo in Grecia, secondo Parsi, «non è stata la vittoria di una posizione radicale, ma di una richiesta radicale di riforme. Credo che questo sia l'unico modo di far sopravvivere l'Unione, consentendole di espandersi».

Una posizione su cui si è detto d’accordo Roberto Maroni che si è rifatto alla massima di Winston Churchill: “È stato detto che la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora”. «Quando la Grecia dà un segnale così forte, parlare di populismo significa non interpretare adeguatamente la situazione attuale - ha affermato il governatore della Lombardia -. Si apre una stagione interessante per il metodo, più che il merito: sono opportune valutazioni nel merito, ma il messaggio che arriva chiaramente dalla Grecia è che si possa mettere in discussione tutto». Lo stesso avvicinamento di Tsipras alla destra sembra testimoniare quanto detto.

L’intervento del Presidente della Regione Lombardia apre poi a nuovi orizzonti come quello delle macroregioni. «Non sono contrario al concetto di Unione Europea, purché ci si renda conto che debba essere aggiornato. Uno dei passi fondamentali che è chiamata a fare oggi l'Europa è di passare da una concezione basata esclusivamente sugli Stati europei a quella delle macroregioni». Maroni ha segnalato, infatti, che quest’anno nascerà la Macroregione Alpina, riconosciuta dall'Ue:«Sarà una dimensione sovraregionale e sovrastatale composta da quarantotto regioni di sette stati diversi che, se saranno in grado di dar vita a una collaborazione efficace, determineranno le politiche unitarie dei prossimi anni».
 
Il direttore di Formiche Paolo Messa, che ha moderato il dibattito, ha fatto notare come due fenomeni politici degli ultimi anni si siano sommati senza integrarsi: «la maggiore incombenza dell'Unione europea nella vita quotidiana e nelle decisioni del legislatore - statale e regionale - e il federalismo».

«Oggi l'Italia è più vicina al caos che alla razionalizzazione - ha detto Maroni -. È sufficiente pensare all'identificazione delle province come unica fonte di sprechi del nostro Paese. Il risultato è stato quello di non avere abolito queste entità territoriali, ma soltanto la loro elezione popolare, sottraendo fondi per un totale di un miliardo di euro e affidando alle stesse competenze esclusive che prima spettavano alle regioni».

Si è trattato di un errore di valutazione o è il frutto di «un disegno neocentralista ben definito, che va esattamente in senso contrario alla strada da seguire secondo il principio di sussidiarietà»? Secondo Maroni «l’Italia si trova in uno stato di transizione perenne, che fa oscillare il Paese avanti e indietro, senza giungere a un punto definitivo».
 
L’ultima parola del dibattito al direttore dell’Aseri: «Sino al 2008 l'Europa è stata il pilastro di un ordine liberale internazionale: non si discuteva prima di allora la possibilità che esistesse un modello alternativo di sviluppo economico. Oggi invece l'Ue è minacciata dal rischio di non essere più in grado di mantenere un adeguato livello di uguaglianza tra gli stati membri, dal momento che, a seguito della crisi finanziaria, è aumentata la distanza gerarchica tra questi», ha spiegato il professor Parsi. Come rispondere alle sfide lanciate dal terrorismo? «È necessario ridefinire quanto le decisioni dei singoli Stati vadano nella direzione di affermare un'unica presenza europea, senza tenere disgiunte la spinta comunitaria e quella intergovernativa che hanno caratterizzato l'Europa sin dagli inizi».