La prima citazione per l'incontro in Università Cattolica con il direttore d'orchestra Daniel Barenboim, la “prima della prima” scaligera più attesa a Milano e in ateneo, è per l'unicità della musica, per l'impossibilità a definirla. «La musica non è comica, non è tragica. Sa essere tutto in uno, contemporaneamente». Ed è forse qui, in questo hic et nunc temporale, fisico, spirituale, rivelato dal maestro alla platea di studenti, docenti e melomani in genere, che si spiega la sua affezione all'università dal 2008 e, viceversa, la gratitudine dell'ateneo nei suoi confronti. Perché, come ha sottolineato Paola Fandella, curatrice dell'incontro, «il maestro ha la curiosità per scoprire i dettagli e da anni ci insegna che la musica offre un modo alternativo per risolvere i conflitti d'identità, anche quelli che la politica non sa risolvere».

Non a caso, quest'anno Barenboim inaugura la stagione del Teatro alla Scala, con il Fidelio di Ludwig van Beethoven, un'opera che ha come tema la giustizia, la libertà. Ma Barenboim fa presente che il vero tema è l'amore, il coraggio, quello delle donne soprattutto. Al di là di ogni lettura politica, di comparse vestite da nazisti, di messe in scena con riletture storiche. Così il professor Enrico Girardi ne approfitta per fargli una raffica di domande: quale Fidelio ascolteremo? Quale versione? Quale ouverture, la Leonora 2 o 3? Come sarà composta l'orchestra?

Il maestro si fa intervistare ma non vuole rivelare troppo: «Dovete venire in teatro ad ascoltarci», insiste. Ma poi si rivela e rivela: ho scelto la versione di Fidelio del 1814; l'ouverture che eseguiremo è la Leonora 2 perché ha degli esperimenti armonici interessanti; inizieremo con il duetto e poi con l'aria; rispetteremo gli almeno sei stili diversi che Beethoven mette in campo nel Fidelio. Tutte scelte che desiderano rispettare di Beethoven la sua complessità, e la sua moralità, quella di un compositore che non ebbe alcuna preoccupazione a definire licenzioso il "Così fan tutte" di Mozart.

Per Barenboim la vera cifra di Beethoven è la potenza dei suoi silenzi, la capacità di «mantenere il suono esattamente della lunghezza prescritta e arrivare al prossimo senza ritardi e senza anticipo». Per questo, dice, «bisognerebbe scrivere un libro intitolato “Beethoven e il silenzio”. Perché il silenzio è parte organica della musica e nel silenzio la musica continua: se c’è qualcuno che ce lo ha insegnato, quello è Beethoven».

Non solo. Il maestro Barenboim ha parole di apprezzamento anche per la sostanza drammaturgica dell’opera: «Nel Fidelio c’è misura, c’è un nuovo linguaggio, e Beethoven ha compreso benissimo l’equilibrio tra musica e azione. Nell’Opera bisogna avvolgere l'ascoltatore nel dramma e sorprenderlo ogni volta che ritorna alla musica. Così si tiene l'ascoltatore appeso e dipendente a ogni azione musicale e drammatica. Questo è un miracolo che accade in poche opere, tra cui la Carmen di Bizet e Fidelio di Beethoven».

Dalla partitura alla cultura, fino alla politica, il passo è breve con il maestro Barenboim. L’incontro milanese è occasione per spiegare qual è il ruolo del direttore nelle orchestre di oggi, molto più consapevoli e preparate di cinquanta anni fa: «Cosa può dare un direttore d'orchestra all'orchestra oggi? Può solo suggerirle il modo di ripensare la frase musicale e la partitura, ma deve spiegare alla sua orchestra il perché più che il come. Appena ha raggiunto l’obiettivo deve stressarla senza misericordia fino a ottenere il suono che desidera».

Ce n’è anche per l’insipienza delle classi dirigenti, a livello internazionale, che stanno impoverendo la cultura: «La tragedia più grande della musica è che non c'è più educazione musicale nelle scuole. Manca la volontà politica e non si può aspettare che diventi ministro della Cultura un melomane o un amante della musica per incoraggiarne la diffusione. Assurdo, poi, definire la musica classica come elitaria. Se lo è diventata, è solo un effetto di cattive politiche culturali».

Stoccata finale ai potenti del mondo per il concetto di libertà, che è sotteso all’opera con cui Barenboim si misurerà tra pochissimi giorni. Il maestro legge un documento del Dipartimento di Stato Americano diffuso ai tempi della presidenza di George W. Bush: «La libertà è la relazione tra gli Stati Uniti e il resto del mondo. Lo scopo degli Stati Uniti è di estendere i benefici della libertà attraverso il pianeta». Il maestro non commenta ulteriormente e la platea ritarda ad applaudire, un po’ imbarazzata. Ma a buon intenditor poche parole, e la musica di Fidelio che spiega per tutti.