«Il genio è chi capta molto più degli altri. È la capacità di vedere l’aurea. È una forma elettrica, una componente divina che tutti portiamo in dote e qualcuno ha più sviluppata». Parola di Alessandro Bergonzoni che ha risposto alla domanda di una studentessa, il 18 novembre alla sede di Piacenza, per incontrare i ragazzi prima del tutto esaurito al teatro Municipale con il suo ultimo spettacolo “Nessi”. Solo posti in piedi anche per l’incontro del ciclo A tutto campus, organizzato dall’ufficio Relazioni esterne e comunicazione dell’università: moltissimi studenti, ma anche curiosi e ammiratori.

Sollecitato (anche se non sarebbe stato così strettamente necessario) dall’attore Nicola Cavallari e dal professor Sebastiano Grandi, Bergonzoni è stato introdotto dal direttore artistico del teatro Gioco Vita Diego Maj, che ha tessuto le lodi di un artista in continua crescita, capace di incantare, di far riflettere e di esprimere la sua arte con forme e modalità disparate (teatro, poesia, scultura, letteratura).

L’autore-attore bolognese, grande manipolatore di parole, concetti e sostanza linguistica, parla di vibrazioni, flussi energetici, della necessità di riconnettersi con il Tutto, di percezione e consapevolezza, di superficie, su cui veleggiamo per abitudine, in antitesi alla sostanza, che puntualmente perdiamo di vista. Alessandro Bergonzoni, un eloquio torrenziale: qualsiasi assonanza fonetica, semantica, logica o associativa è buona per scardinare le maglie linguistiche e inanellare pensieri a raffica, che fanno sorridere, a volte ridere di cuore, ma anche pensare.

E quando gli chiedono della sua evoluzione artistica risponde: «Ho smesso di fare solo il comico – come mai avevo cominciato - il giorno in cui mi sono svegliato e mi sono detto: “Provo a sentire di più”. Ora vedo di più, vibro di più. È cambiata la mia musica, la mia sonorità. E faccio fatica a usare alcune parole: amore, amicizia». Soprattutto dopo l’avvento di Facebook.

«Mi interessa l’ante, ciò che c’è prima. Gli artisti non sono autori, sono “autorizzati”, sono testimoni. Il racconto non nasce da me. L’arte è sospesa: sta a noi captarla. L’arte la poesia ci circonda, è in tutto ciò che ci sta intorno: dobbiamo ribellarci, fare la nostra rivoluzione interiore e quotidiana , tornare al bello. L’etica, o valori, non sono niente senza la poesia».

«Basta sezionare, dividere in materie, separare e scannerizzare tutto. Come possiamo, altrimenti, accorgerci che l’arte e la spiritualità e la poesia sono dappertutto? Anche quando si parla di abusi edilizi. Agli amministratori che hanno sbagliato e oggi piangiamo vittime di alluvioni e paesi devastati da frane e fiumi in piena, è mancata l’arte, la poesia, la centratura sull’uomo. Che non significa andare a vedere i film di Olmi o ascoltare il cattedratico di turno, ma fare un lavoro di scavo speleologico per imparare a leggere il mondo nel suo insieme e arrivare a scardinare quella forma di sudditanza per cui ascoltiamo in continuazione senza far seguire nessuna azione, nessuna reazione, nessuna rivoluzione».

E agganciandosi al suo ultimo lavoro “Nessi”, parla dell’urgenza di essere protagonisti, ciascuno di noi, del nostro personale spettacolo «prima della costituzione, del codice della strada… , ci siamo noi, c’è la regola zero: fare nesso, cucire i fili, i nostri sensori, attivare le nostre sensibilità, vivere con profondità il nostro esistere. Finiamola di aspettare che gli altri cambino le cose per noi. Dobbiamo essere noi i Gandhi, i Mandela, i Borsellino, i Falcone e dobbiamo agire. Fare, non protestare».

«Se crediamo ancora che sia un leader o un partito a poter cambiare la situazione, non abbiamo capito nulla. Scegliamo e votiamo ogni giorno davanti alla tv, alla pubblicità, di fronte al corpo delle donne, all’handicap, all’eros, alla morte, in ogni momento votiamo con lo sguardo e con il pensiero».

Uno studente gli chiede se si senta solo: «Sì, a volte. Ma la solitudine è un grande lavoro di moltiplicazione». E sulle parole, sulla loro potenza, il funambolo del linguaggio afferma: «Le parole arrivano molto prima di noi, prima dell’azione e sono più intelligenti di noi. Sono come note che si compongono in una sinfonia di significati, sempre diversi e nuovi». A costruire mondi inaspettati, come sa ben fare Bergonzoni con la sua arte.