Vale più la pratica della grammatica, si diceva in passato. Un detto da prendere per buono solo nell’accentuazione del valore didattico dell’apprendimento che viene dall’esperienza, non certo per screditare le necessarie competenze da acquisire nello studio. Va in questa direzione l’iniziativa di orientamento che il corso di laurea magistrale in Giurisprudenza della sede piacentina ha rivolto a una selezione di studenti delle scuole superiori di Piacenza e Fiorenzuola: la simulazione di un processo.

«Lo scopo della nostra proposta non è stato quello di spiegare agli studenti cos’è il diritto, ma di mostrare loro come il diritto funziona praticamente, passando - come dicono gli americani - dalla law in the books alla law in action», sottolinea Andrea Renda, docente di Diritto privato e di Diritto della famiglia del corso di laurea, che guiderà, insieme a Renzo Rossi e Francesco Zecchin, assegnisti di ricerca in diritto privato, due classi dell’Itc Romagnosi di Piacenza ed alcuni studenti dell’Istituto Mattei di Fiorenzuola nella gestione di un vero e proprio processo.
 
«Gli studenti saranno coinvolti in prima persona e diventeranno i protagonisti di un processo civile, vestendo i panni di attore, convenuto e giudice. Riuniti per due ore nella biblioteca di Giurisprudenza - prosegue il professor Renda -, gli studenti si cimenteranno con un caso di Diritto della famiglia, relativo a un falso riconoscimento di paternità».
 
Un gruppo si calerà nel ruolo dell’attore, che impugna il riconoscimento per falsità, mentre il secondo gruppo assumerà la posizione del convenuto, che nell’interesse del figlio chiede il rigetto della domanda. Il terzo gruppo interpreterà la funzione super partes del giudicante, decidendo nell’interesse della verità e pronunciando una vera e propria sentenza.
 
Così, tra codici e sentenze, davanti ad un caso che tocca valori potenzialmente in conflitto, come la verità biologica e gli affetti, gli studenti sperimenteranno la difficoltà e la bellezza del “fare diritto”.