Una vita dedicata alla sfida alla ‘ndrangheta quella di don Giacomo Panizza, ospite in Cattolica per “Legalità alla prova”, su invito del Centro studi per l’educazione alla legalità diretto da Luciano Caimi. Prima di arrivare in via Trieste, il prete bresciano ha fatto un giro per le vie di Brescia, soprattutto nel quartiere del Carmine dove è nato il suo amore per i più deboli. Una scelta di vita coraggiosa, quella di don Giacomo che nel 1976 si trasferisce a Lamezia Terme e fonda “Progetto sud”, una comunità di gruppi autogestiti, di famiglie aperte e di servizi, iniziative di solidarietà, condivisione, accoglienza per soggetti svantaggiati.
Dal 2002 don Panizza vive sotto tutela dopo le gravi minacce di morte del clan Torcasio per aver deciso di prendere in gestione un palazzo confiscato da destinare ai disabili  a cui sono seguiti molti attentati. Nonostante il suo vissuto, don Panizza respinge seccamente l’appellativo di 'prete antimafia'.

«La legalità - ha spiegato don Panizza - o la si fa, la si vive quotidianamente, oppure non esiste”. Non ci si può fermare ad un mero legalismo, deve essere un atteggiamento che pone al centro la vita umana; il nostro sforzo deve essere volto alla giustizia sociale».

Farlo giorno dopo giorno non è certo facile, anche perché la mafia non va tanto per il sottile. Un po’ di paura c’è sempre. Per contrastare la mafia serve una capacità di lotta, bisogna stare insieme uniti.

La mafia ormai da qualche tempo sta mettendo radici al nord. Che differenza c’è rispetto al Sud? “Sono due mondi completamente diversi - ha spiegato il sacerdote - , al Sud la mafia stra comanda, è parte integrante del tessuto sociale, le persone sono sottomesse, vivono quotidianamente l’umiliazione: la malavita è senza compromessi”. Al Nord il discorso è ben diverso: «Qui è solo questione di soldi, bisogna vigilare su ogni appalto, dietro ogni flusso di denaro».

Don Panizza ha scritto numerosi saggi e brevi contributi, apparsi non solo su riviste di settore, ma anche in numerosi libri. Tra le sue opere Finché ne vollero. Diario spirituale perché materiale. Don Panizza interpreta con il suo continuo presidio sul territorio, un impegno non solo fisico, ma soprattutto spirituale, un sentimento che le cosche tendono a reprimere. Nel suo libro Qui ho conosciuto purgatorio inferno e paradiso racconta di una terra dove “mi è piaciuta l’idea di emigrare a rovescio, dove ho conosciuto purgatorio, inferno e paradiso”. E con freddezza ed estrema sincerità, don Panizza racconta come le cosche cercano di frenare le sue iniziative. I mafiosi tagliano le gomme, manipolano i freni alle macchine, sono addirittura arrivati al punto di manomettere i freni alla vettura di un disabile.

Nel suo ultimo libro La mafia sul collo. L’impegno della Chiesa per la legalità nel nostro Paese don Panizza parla di Pastorale della legalità e si rivolge a sacerdoti, catechisti, persone di Chiesa che educano.