di Armando Matteo *

Foto di gruppo con monsignor Mariano Crociata (al centro) per i docenti di teologia dell'Università Cattolica. Sarnico, 18 e 19 settembre 2012Poca gente in Chiesa e sempre più vecchia, scarsità di vocazioni, crescente incredulità, crisi di fede, stanchezza dell'essere cristiani, poca gioia. Davanti a tutto ciò, la metafora economica - un prodotto senza mercato? - perde il suo sapore irritante e ci avverte della necessità di considerare meglio cosa stia capitando all'universo della fede nel nostro Paese. E la sensazione generale è la seguente: stiamo perdendo "quote di mercato" assai significative, in quanto facciamo fatica a proporre in modo convincente la fede cattolica alle generazioni più giovani.

Le più recenti indagini sul rapporto su giovani e fede cristiana ci dicono che siamo sostanzialmente di fronte a una radicalizzazione delle difficoltà del rapporto tra la religione cattolica e il mondo giovanile; una radicalizzazione che trova come suoi elementi caratterizzanti: la rapidità del coinvolgimento di quote sempre più ampie di giovani; la sostanziale omogeneità di genere; la pacatezza dei modi del distacco dell'universo ecclesiale. Siamo perciò dinanzi a una generazione – quella nata dopo il 1981 – che non si pone contro Dio e contro la Chiesa, ma che sta imparando a vivere – e a vivere pure la propria ricerca spirituale – senza Dio e senza la Chiesa. Nulla ci autorizza a pensare un passaggio da "non cattolico" ad "ateo" o ad "agnostico". Il trend generale è piuttosto quello dell'estraneità, carattere che non indica un essere contro, ma un essere senza. Per queste ragioni ritengo non del tutto impertinente l'espressione "prima generazione incredula".

L'espressione ha non solo il pregio di indicare "il salto generazionale" in riferimento all'universo della fede da parte di coloro (uomini e donne) che sono nati dopo il 1981, ma anche di richiamare l'urgenza di considerare l'universo "giovane" in una prospettiva intergenerazionale: è la prima dopo altre generazioni, che l'hanno preceduta e l'hanno anche in parte plasmata. Non è possibile cogliere fino in fondo le ragioni dell'inedito credere/non credere dei giovani italiani, senza prendere in considerazione le generazioni che hanno preceduto questa prima generazione incredula. La crisi di fede cattolica che qui si annuncia non è da addebitare alla generazione nata dopo il 1981, ma alla generazione degli adulti.

Si tratta in verità di riconoscere che i dinamismi fondamentali della cinghia di trasmissione della fede, tra le generazioni, si sono inceppati. Ed è questa una verità che la comunità dei credenti fa fatica a cogliere, a causa – scusate l'espressione un po' forte – dell'eccessiva enfasi data al catechismo parrocchiale. In verità, il luogo ove ogni bambino può efficacemente imparare la presenza benevola di Dio, e cioè il fatto che Dio abbia qualcosa a che fare con la felicità, con la custodia e la promozione dell’umano, non sono prima di tutto la Chiesa o la lezione del catechismo, quanto piuttosto gli occhi della madre e quelli del padre. Le sole parole dei preti e dei catechisti, a primo impatto, non possiedono la medesima forza originaria che gli occhi materni e paterni hanno nel dire Dio, ovvero nel comunicare la verità per la quale noi crediamo al Vangelo per vivere più umanamente.

Se è dunque vero che gli occhi degli adulti sono la prima ed essenziale mappa del mondo e la prima lezione di teologia: il primo annuncio, è purtroppo altrettanto vero che da quarant’anni a questa parte gli occhi degli adulti – di tanti, forse troppi adulti – non sono più esperienza "della forza della fede nel Dio vivente" (Benedetto XVI).

Insomma, non possiamo più rinviare oltre l’amara ammissione per la quale oggi di adulti credenti ne sono rimasti pochi in giro. Che di famiglie cristiane ne siano rimaste poche in giro. Nelle famiglie c'è un'altra musica, un altro sentimento di vita, un'altra religione.

I giovani di cui i sociologi evidenziano l'estraneità alla fede sono in verità figli di genitori che non hanno dato più spazio alla cura della propria fede cristiana: hanno continuato a chiedere i sacramenti della fede, ma senza fede nei sacramenti, hanno portato i figli in Chiesa, ma non hanno portato la Chiesa ai loro figli, hanno favorito l’ora di religione ma hanno ridotto la religione a una semplice questione di un’ora. Hanno chiesto ai loro piccoli di pregare e di andare a Messa, ma di loro neppure l’ombra, in Chiesa. E soprattutto i piccoli non hanno colto i loro genitori nel gesto della preghiera o nella lettura del vangelo.

* docente di Teologia alla Pontificia Università Urbaniana, laureato in Filosofia all’Università Cattolica del Sacro Cuore, è autore, tra l’altro, di “La prima generazione incredula. Il difficile rapporto tra i giovani e la fede” (Rubbettino 2010) e “La fuga delle quarantenni. l difficile rapporto delle donne con la Chiesa” (Rubbettino 2012)

INTRODUZIONE DI MONSIGNOR MARIANO CROCIATA ( KB)

RELAZIONE DI DON ARMANDO MATTEO ( KB)