di Mariasole Petroni e Carolina Fornari *

L’Università Cattolica è stata tra i protagonisti della terza edizione di Bookcity grazie anche all’impegno dei ragazzi dell’associazione culturale Vox. Dalle conferenze al bookcrossing, passando per le presentazioni di libri e le letture, fino ad arrivare alle interviste con gli autori e il flash mob, numerose sono state le iniziative che hanno animato la sede di largo Gemelli 1 nelle giornate di giovedì 13 e venerdì 14. Ospite d’eccezione lo scrittore spagnolo Pablo d’Ors, autore di Biografia del Silenzio, pamphlet nel quale vengono raccontate l’esperienza della meditazione e il ruolo fecondo del silenzio (la nostra recensione). Parlare del silenzio, tra i chiassosi e vivi chiostri dell’Università, è stata l’affascinante sfida di questa manifestazione. Altro tema centrale è stato quello della lettura, tra editoria e professioni.

Il primo giorno si è aperto infatti con Engaging The Reader 2014 - Per un nuovo ecosistema della lettura, a cura del Master Professione Editoria cartacea e digitale.

Alle 16 la Libreria Vita e Pensiero ha ospitato il dialogo tra Piero Dorfles e Aldo Grasso. La chiacchierata tra il critico letterario, noto al grande pubblico grazie alla sua partecipazione al programma televisivo di Rai 3 Per un pugno di libri, e il direttore del Centro di ricerca sulla televisione e gli audiovisivi dell'Università Cattolica, ha avuto come fine quello di scoprire quanto, o se, il libro fa male alla televisione. Secondo i due esperti c'è sempre stata una correlazione tra libro e tv: se all'inizio però era la tv che prendeva ispirazione dalla carta stampata (si pensi ai vecchissimi adattamenti Rai), con l'andare del tempo la televisione ha acquistato una proprio linguaggio diventando quasi una nuova forma di letteratura, non sempre di altissimo livello. Tuttavia non si è mai verificato un completo distacco dal romanzo: infatti la tv continua ad attingere profondamente dal mondo letterario attraverso citazioni e tecniche narrative. E se una volta gli scrittori guardavano con disdegno la televisione, oggi hanno imparato ad apprezzarla e ad amarla.

Dopo aver tirato le somme del dibattito alle 17 è cominciato il quiz culturale in libreria Vita e Pensiero: Una storia, un libro, un film. Una caccia al film animata da sette lettori, impersonati dagli allievi del master Ideazione e progettazione di eventi culturali: arte, cinema, musica, spettacolo (Mec - Almed), sparsi in libreria. Il pubblico ha ascoltato i "lettori" cercando di indovinare il film a partire da citazioni, dialoghi, immagini raccontate e altri indizi. I sette titoli che hanno decretato i vincitori erano: Il nome della rosa; Ovosodo; L’attimo fuggente; Will Hunting; Centochiodi; La storia infinita; Fahreneit 451. Alla fine del quiz il coordinatore del master Luca Monti ha tracciato le linee storiche e culturali di questo percorso tra le pellicole. In palio libri a tema e, motivo in più per partecipare, aperitivo offerto dalla libreria.

Grazie a questo divertente evento abbiamo scoperto quanto sia forte la connessione tra un libro e la sua sceneggiatura e abbiamo capito che sia leggere che guardare un film sono modi per immergersi in una storia. Alla domanda sulla difficoltà di trasporre dalla carta alla pellicola un libro, il professore ha risposto che è difficile, non tanto per pigrizia di registi o sceneggiatori, ma perché nessun film riuscirà a raggiungere l'immagine che il lettore si è creato nella propria testa. Questo però non ferma il cinema: è anzi necessario continuare a raccontare storie letterarie, soprattutto quando si tratta di grandi classici, perché hanno il potere di riavvicinare le persone ai libri.

Per concludere, alle 19, la professoressa Cecilia De Carli e i ragazzi del Centro di ricerca per l'educazione attraverso l'arte e la mediazione del patrimonio culturale sul territorio e nei musei (Crea) ci hanno guidato in una passeggiata attraverso i chiostri del Bramante e le opere d’arte dell’Università. Tra aneddoti e storie, si è andati alla riscoperta di quella che fu definita La fabbrica perfetta e grandiosissima nel 1932 dall’architetto Giovanni Muzio durante i lavori di ampliamento del monastero di Sant’Ambrogio. La professoressa ci ha fatto capire che in realtà l'Università è un vero e proprio monumento e che, oltre ai chiostri, ci sono luoghi imperdibili: la cappella, una delle poche chiese italiane dove la scultura, opera di Manzù, e l'architettura sono connesse da un legame profondissimo; l'Aula Magna, antico refettorio del convento affrescato nel Cinquecento e ora luogo dei più importanti eventi dell’Ateneo; anche il Giardino delle Vergini, ricco di reperti archeologici. Muzio è stato in grado di utilizzare gli spazi in maniera intelligente comprendendo nel progetto la caserma, il monumento ai Caduti e i collegi; è riuscito a creare una cittadella dove gli studenti potessero vivere la propria formazione, come fanno tuttora.

* (Associazione Vox)