Un momento della decima Lezione Arcelli con l'ex ministro Enrico GiovanniniProblemi che vengono da lontano. E che non si risolvono in pochi mesi. Il messaggio dell’ex ministro del governo Letta sembra avere un destinatario chiaro. Enrico Giovannini, alla guida del dicastero del Lavoro nel precedente esecutivo, ha parlato nella sede di Piacenza in occasione della decima lezione dedicata all'economista Mario Arcelli.

«I nostri problemi vengono dai nove anni del decennio perduto dal 2001 in avanti in cui si cercava di smuovere le autorità politiche per sfruttare le opportunità dell'euro. Per questo ipotizzare un radicale cambiamento in pochi mesi significa sognare a occhi aperti. È indispensabile una persistenza delle politiche - afferma l’ex presidente dell’Istat -. I frutti delle politiche non sono mai di breve termine. Il tempo è più importante dello spazio: il tempo è la dimensione nella quale i processi si avviano. La dimensione di medio e lungo termine è una dimensione che il nostro Paese ha perso. Siamo vittime dello short term».

Giovannini si sofferma in particolare sulle politiche giovanili, evidenziando la necessità di «meccanismi mutualistici che evitino effetti contagiosi». «Basta sprechi del capitale umano. L’imprenditoria italiana spinga decisamente sulla formazione, pena il declino della produttività. Con adeguate politiche già avviate dal ministero del Lavoro e da quello dell’Istruzione, con una pianificazione in un’ottica lungimirante, si determinerà quel “salto” che tutti attendiamo da tempo; ma tutti devono cambiare decisamente mentalità, senza attendere l’ultimo momento».

La relazione dell’ex ministro è dedicata alla condizione giovanile e al benessere dell’Italia. Il professore di Statistica economica all’Università di Tor Vergata ha ricordato come dopo il governo Prodi l’Italia abbia «cominciato a smarrire il senso dell’obiettivo e dalla metà degli anni 2000 il paese ha perso grandi occasioni».

Si è poi soffermato su come i metri di valutazione di ciò che facciamo - come lo spread o il Pil - condizionino notevolmente le politiche adottate dai governi e lo stato d’animo delle persone: «Dal 2015 saranno standardizzati nuovi indicatori per lo sviluppo sostenibile del pianeta, introducendo un concetto multistrutturale di misurazione». Si tratta dell’indice di “benessere equo e sostenibile” (Bes), volto a misurare il benessere integrando indicatori economici, sociali e ambientali con misure di diseguaglianza e sostenibilità.

Il Bes si inquadra in un vivace dibattito internazionale sul cosiddetto "superamento del Pil", stimolato dalla Commissione Stiglitz – Sen – Fitoussi e dalle iniziative dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse) per la misura del progresso delle società. Non un singolo indicatore ma un complesso, e pressoché unico al mondo, insieme di 134 parametri che descrivono i 12 ambiti - dall'istruzione, al lavoro, passando per le relazioni sociali e il paesaggio -.

Il professor Giovannini ha poi introdotto la Garanzia Giovani, piano per l’occupazione con cui l’Ue intende non solo portare i Paesi dell’area euro ad attuare interventi concreti per combattere la disoccupazione, anche tramite l’erogazione di finanziamenti, ma anche promuovere lo scambio delle migliori pratiche tra i governi europei per favorire l’impiego e la formazione di ragazzi di età tra i 15 e i 24 anni e per il quale il governo italiano ha stanziato oltre 1 miliardo di euro.

«Uno dei più gravi problemi italiani è un collegamento totalmente inadeguato tra la formazione e il mondo del lavoro. In Italia la decadenza delle competenze inizia a partire dai 16 anni - ha detto nella sua relazione, di fronte a una platea di studenti, accademici e autorità -. In Europa invece inizia dai 30 anni. Dobbiamo evitare che dopo la scuola dell'obbligo i nostri giovani finiscano nel buco nero formato dai cosiddetti Neet, i giovani che non lavorano, non cercano lavoro, non studiano, non fanno niente».

Una piaga sociale non solo italiana, secondo Giovannini, che rivela alcuni numeri in effetti inquietanti: «Parliamo di due milioni di giovani, un universo conosciuto solo di recente. Sono 2,2 milioni fino ai 24 anni. Si perdono 162 miliardi all'anno in Europa a causa di questa piaga che è l'inattività giovanile. In Italia abbiamo un alto tasso di disoccupazione: è il 42,4% ma, non significa che il 42% dei giovani è disoccupato, significa che il 42% dei giovani che cercano lavoro è disoccupato. Dei giovani in totale è disoccupato l'11%». Un dato, quest'ultimo, che ridimensiona il primo ma che nasconde lo spettro dell'inattività: molti di questi giovani non cercano nemmeno lavoro e quindi non risultano nemmeno disoccupati.

La gran parte di questi ragazzi e ragazze che lavora ha un impiego precario. E l'ex ministro, a tal proposito, tocca un altro tema molto discusso ultimamente: «C'è un problema di qualificazione superiore rispetto al lavoro che poi effettivamente si trova - dice -. Abbiamo una curva di progressione nella carriera molto più piatta rispetto a quella di altri Paesi: una volta entrati nelle imprese la possibilità di fare carriera è più bassa che in altri Paesi, come peraltro i salari d'ingresso».

Ma vale ancora la pena studiare? «Assolutamente sì - afferma Giovannini -. Il messaggio più sbagliato che possa passare in questo periodo è che sia inutile. Gli anni di studio danno un vantaggio competitivo, ma in effetti è un vantaggio molto inferiore rispetto ad altri Paesi. E questa è una responsabilità gravissima del mondo imprenditoriale».
 
Enrico Giovannini ha quindi parlato del progetto “Garanzia giovani”, definendolo un'iniziativa che fornisce concrete opportunità di sviluppo. Il progetto che sta partendo in Italia serve proprio a riattivare la forza giovanile: dopo la formazione, infatti, troppo spesso non riesce a concretizzarsi sul mercato del lavoro. È un impegno molto forte che tutti i Paesi europei devono realizzare, perché la perdita di capitale umano provoca, a lungo termine, un’enorme perdita per il Paese».

Dopo l’intervento di Giovannini sono seguiti gli interventi di Patrizio Bianchi dell’Università di Ferrara e assessore al Lavoro dell'Emilia Romagna, di Stefano Siviero della Banca d’Italia e di Giacomo Vaciago dell’Università Cattolica di Milano. Le conclusioni sono state affidate ad Angelo Federico Arcelli della Sais - Johns Hopkins University, Washington, DC e a Francesco Timpano dell’Università Cattolica, sede di Piacenza.

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