di Cesare Nosiglia +

Il rettore Franco Anelli, l'arcivescovo di Torino monsignor Cesare Nosiglia e l'assistente ecclesiastico generale monsignor Claudio GiuliodoriIl messaggio positivo della fede cristiana che conduce i credenti a rispondere alla crisi antropologica in atto con la proposta di un umanesimo capace di dialogare col mondo sta alla base del tema del tema del prossimo Convegno ecclesiale di Firenze: “In Gesù Cristo, il nuovo umanesimo”. Come ha scritto nella sua prima enciclica papa Francesco: «Risulta chiaro così che la fede non è intransigente, ma cresce nella convivenza che rispetta l’altro. Il credente non è arrogante; al contrario, la verità lo fa umile, sapendo che, più che possederla noi, è essa che ci abbraccia e ci possiede. Lungi dall’irrigidirci, la sicurezza della fede ci mette in cammino, e rende possibile la strada del dialogo con tutti» (Lumen Fidei, 34). La verità dell’uomo in Cristo non è opprimente e nemica della libertà: al contrario, è liberante, perché è la verità dell’amore. «Essendo la verità di un amore, non è verità che s’imponga con la violenza, non è verità che schiaccia il singolo. Nascendo dall’amore può arrivare al cuore, al centro personale di ogni uomo» (Ivi).

Uno degli scopi del Convegno è quello di proporre alla libertà dell’uomo contemporaneo e nella piena consapevolezza della natura plurale dell’odierna società la persona di Gesù Cristo e l’esperienza cristiana come un fattore decisivo per contribuire a rendere possibile il reperimento di quel fulcro sintetico che un tempo costituiva il riferimento comune, ricco di valori condivisi, e che oggi è andato perduto frammentando l’intera esistenza personale e sociale.

 

 

L’annuncio dell’evento di Cristo, infatti, è capace di interagire con Chiese e confessioni cristiane, con le religioni e con le diverse mondovisioni, valorizzando tutti gli elementi positivi che la modernità, pur non potendo più assicurare il principio sintetico, può tuttavia in abbondanza offrire. I cristiani, in quanto cittadini, desiderano abitare con questo stile la società plurale, tesi al confronto con tutti gli altri soggetti in vista di un riconoscimento reciproco.

D’altra parte, anche l’umanesimo cristianamente ispirato, nell’Italia contemporanea, si è configurato come un fenomeno pluralistico: nel suo alveo sono confluite le esperienze di personalità diverse per stato di vita, per estrazione culturale, per sensibilità spirituale, dai grandi santi ai più o meno noti testimoni impegnati nel servizio della carità, nell’opera educativa, negli spazi dell’impegno culturale, sociale e politico. Il loro centro propulsore è stata la persona di Gesù Cristo e la fede vissuta in lui nella carità.

Ecco dunque perché, secondo Maritain, il nuovo umanesimo dovrà essere “integrale”: perché fondato sul senso profondo della persona umana e capace di considerare la radice dell’uomo nella trascendenza della grazia che lo vivifica e lo salva. Esso è un vero umanesimo, perché il modello antropologico seguito non è quello proposto dalla filosofia di un pensatore, ma è quello biblico: Cristo è l’uomo nuovo, perché ha conseguito la vittoria sul peccato e sulla morte e dunque chi guarda a lui diventa sempre più uomo autentico e realizzato. Un umanesimo così concepito è forte e reale perché si radica in una realtà metafisica. Infatti, non c’è autenticità “orizzontale” se non c’è un senso “verticale”. [...]

«Smettiamo di fare calcoli e torniamo a fare Eucaristia»

È questa una forte e bella espressione che conclude l’Invito al Convegno di Firenze. I calcoli sono le nostre programmazioni pastorali, documenti e iniziative molteplici e super organizzate. Non sta lì il ricupero del nuovo umanesimo. Esso nasce e si radica nel cuore della storia e dell’umanità a partire dal suo cuore pulsante di amore e di vita nuova: l’Eucaristia.

L’episodio della moltiplicazione dei pani e dei pesci nei vangeli (cfr. Mt 14 e par.) pone in evidenza l’inadeguatezza dei nostri mezzi umani che mettiamo in campo per annunciare Cristo ed esercitare la carità. Di fronte alla massa di gente che ha fame duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un  pezzo. Ci scopriamo ogni giorno di più impotenti di fronte ai problemi che assillano la nostra presenza di Chiesa nella società e all’apparente muro di gomma che non accoglie ma rigetta ogni tentativo di radicare il Vangelo nel vissuto delle persone. Ma Gesù non accetta tale lettura certo realistica, ma anche fortemente basata solo su mezzi e strumenti umani, dimenticando l’azione potente di Dio che si invera mediante la fede in lui. Gesù spezza i pani e così indica la via della condivisione, li distribuisce ad ogni persona e così indica la via della relazione; il tutto è fondato su un’assoluta fiducia nel Padre suo.

Il gesto eucaristico, perché quel pane spezzato è il suo corpo offerto per la salvezza di tutti, fa superare ogni barriera e dà avvio a una realtà nuova che investe l’intera umanità. Nella comunione con Gesù Cristo c’è il superamento di ogni umana divisione, come ci ricorda Paolo: «Non c’è più giudeo né greco, non c’è più schiavo né libero, non c’è più uomo né donna, perché siate tutti uno in Gesù Cristo. E se appartenete a Cristo, allora siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa» (Gal 3,28-29).

Nella foto in alto. Da sinistra: il rettore Franco Anelli, l'arcivescovo di Torino monsignor Cesare Nosiglia e l'assistente ecclesiastico generale monsignor Claudio Giuliodori in aula Magna

Il testo integrale della prolusione di monsignor Cesare Nosiglia ( KB)