«Si può andare a lezione anche guardando una mostra di libri» scrive Carlo Carena, illustre collaboratore di casa Einaudi. Il riferimento è alla mostra e all’omonimo catalogo curato da Roberto Cicala e Maria Villano dal titolo Il bello e il vero. Petrarca, Contini e Tallone tra filologia e arte della stampa. Si tratta della ricostruzione, attraverso carte inedite e libri preziosi, del sodalizio che per un ventennio – dagli anni quaranta alla fine dei sessanta – unì Gianfranco Contini, il celebre filologo di Domodossola, ad Alberto Tallone, editore-stampatore a caratteri mobili di libri paragonabili per la loro «bellezza formosa», come la definisce Contini, «a certi Bodoni fra i meno appariscenti e i più segreti». Sono parole tratte dalla corrispondenza inedita tra i due, ricostruita mettendo insieme le carte custodite presso l’archivio dello stampatore ad Alpignano con quelle conservate presso il Fondo Contini della Fondazione Ezio Franceschini alla Certosa del Galluzzo.
Lettere che, oggi, esposte per la prima volta, rendono testimonianza anche dell’estro verbale continiano, come dimostra una lettera del 20 settembre 1964 in cui il filologo ringrazia Tallone della bella giornata trascorsa insieme e del clima favorevole: «Gli statuti quattrocenteschi dei Disciplinati della mia città - scrive - proibiscono ai soci, anzi alle socie, di “biastamare né dire malo de Dio, né de sancti né sancte, né dire malo de tempo” ecc. Mi dovrei dunque astenere dall’ingiuriare la meteorologia (essendo essa una manifestazione dell’Eterno Padre) se ci fosse stata poco benigna. Non credo, inversamente, che ci sia limite alle lodi del tempo».
Al centro della vicenda sta la celebre edizione dei Rerum Vulgarium Fragmenta di Petrarca, stampata da Tallone a Parigi nel 1949 e definita da Giuseppe Ungaretti un «miracolo». «Per un pezzo la tavola dei componimenti mi sembrò scritta da Haendel», ne scriverà il filologo nel suo ricordo di Alberto Tallone, che si trova ripubblicato nel catalogo della mostra. Oltre alle tre edizioni del Petrarca continiano (1949, 1974 e 2004) e ad alcune delle numerose lettere che i due protagonisti si scambiarono a proposito del progetto, in mostra si trovano esposte anche alcune pagine composte con correzioni autografe di Contini e bozze manoscritte, a documentare lo straordinario lavoro dietro a questo monumento della storia dell’editoria e della filologia, stampato a caratteri mobili.
Ma è una storia che arriva a coinvolgere anche un maestro dell’Università Cattolica, Giuseppe Billanovich, che Contini vorrebbe curatore dei Carmina petrarcheschi da pubblicare come primo numero della progettata collana “Biblioteca rara Tallone”: un’idea affascinante – rimettere in circolazione testi «poco o male editi» – che non troverà però realizzazione, di cui si conservano le lettere dei due professori, che sono colleghi all’Università di Friburgo all’inizio degli anni cinquanta.
La ricerca arriva fino al 1989, anno dell’uscita dei Nomi degli Anonimi, una plaquette in cui la tipografia dei Tallone riproduce l’elzeviro continiano uscito sul “Corriere della Sera” del 29 gennaio dello stesso anno, di cui si conservano le bozze con correzioni autografe dell’autore: un «testamento» secondo la definizione della moglie Margaret, come testimonia la lettera esposta in mostra, che il filologo dedica «alla cara memoria di Alberto Tallone».