Chi è l’uomo oggi? Chi è diventato nel corso della sua storia lunga più di sei milioni di anni? Il 14 novembre, nell’aula magna “Tovini” dell’Università Cattolica a Brescia, il grande pubblico ha potuto trovare una chiave d’accesso a queste domande fondamentali. Ospite del terzo appuntamento di Letteratura&Letterature, Lucilla Giagnoni ha presentato la sua opera Ecce Homo, un monologo intenso sulle origini e sul futuro dell’essere umano, in scena al teatro Ctb fino al 24 novembre.

Dopo undici anni d’approfondimento in diversi campi, dalla fisica alla biologia, dalla teologia alla letteratura, la Giagnoni ha ideato e messo in scena un testo complesso che, partendo dalla ricerca del senso della vita, tocca temi profondi come l’evoluzione, la religione e l’educazione dei bambini d’oggi. L’attrice ha spiegato al pubblico in che modo il palcoscenico di un teatro è il posto giusto per trattarli: «La funzione propria dell’artista è quella di mostrare agli altri un punto di vista diverso. È lui che deve trovare un’uscita dall’inferno, che può “educare” i suoi prossimi a un cambiamento di mentalità e di comportamento».

E un cambiamento sembra quanto mai necessario oggi: «Gli uomini, come tutte le specie mai esistite, vengono da un cammino lungo sei milioni di anni. L’homo sapiens, l’ultima specie umana rimasta, ha una storia relativamente breve di soli duecentomila anni – e noi, ora, a causa del pesante inquinamento ambientale e del tasso di natalità in costante aumento, ci troviamo sull’orlo del precipizio. Ma senza renderci conto di questo stato d’emergenza, manteniamo un atteggiamento sconsiderato nei confronti della natura e delle sue risorse, sempre volti alla conquista di beni materiali. Per questo motivo, l’uomo si è ridotto principalmente ad homo oeconomicus».

Per affrontare questa sfida, la Giagnoni si è addentrata nei testi sacri, sopratutto nella Bibbia. «Questi testi - ha sottolineato la drammaturga - sono un condensato insuperabile di esperienza umana che consente di confrontarsi con le grandi domande dell’umanità».

E così già il titolo dell’opera, Ecce Homo, rivela un legame forte con la Sacra Scrittura: nel passo del Vangelo di Giovanni, di fronte a Cristo torturato e deriso, Ponzio Pilato o forse, come alcuni esegeti sostengono, lo stesso Gesù proclama: “Ecco l’uomo!”. Se è Pilato, a parlare è la voce del potere che se ne lava le mani; se invece è Cristo, a parlare è l’uomo al culmine della sua umanità, flagellato e schernito nella sua regalità, che, con il suo sguardo penetrante tutto abbraccia e nulla giudica. Con l’ecce homo ci troviamo di fronte a un bivio: dobbiamo scegliere, e la scelta, per definizione, è luttuosissima perché ciò che scegliamo esclude automaticamente ciò che non abbiamo scelto.

Rifacendosi pure agli ultimi paragrafi dell’Apocalisse di Giovanni, Lucilla Giagnoni ha sviluppato una profonda riflessione sulla ricerca della felicità, un cammino percorso dall’uomo di ogni tempo. Ecce Homo nasce proprio per fare il punto della situazione: dove si trova l’uomo sulla strada verso la felicità?

Sono questi i temi che emergono in Ecce Homo, uno spettacolo teatrale che porta in scena la doppia storia di un legno: da un lato la storia del Crocifisso, dall’altro quella di Pinocchio, il racconto di Carlo Collodi, noto in tutto il mondo, che inizia così: “C'era una volta... – Un re! – diranno subito i miei piccoli lettori. No, ragazzi, avete sbagliato. C'era una volta un pezzo di legno. Non era un legno di lusso, ma un semplice pezzo da catasta, di quelli che d'inverno si mettono nelle stufe e nei caminetti per accendere il fuoco e per riscaldare le stanze...” E così, con un pezzo di legno che prende vita in carne ed ossa, assistiamo ad una storia di salvezza da leggere con occhi di uomini in cammino.