Se c’è una cosa per cui l’Italia è famosa nel mondo è il vino: gli italiani sono un popolo di produttori, consumatori e intenditori di vini. Anche l’Unione Europea, la scorsa settimana, ha certificato il sorpasso dell’Italia sulla Francia: produciamo quasi 5 miliardi di litri all’anno.

Un primato di cui essere orgogliosi. Ma parlando di vino, la quantità non basta. «Il dato della vendemmia di quest’anno è assolutamente confortante. Ma dato ancora più importante è che la qualità del vino italiano va da buona a eccellente. In Italia qualità e quantità vanno a braccetto. Questo è ciò che conta. E questo dipende dalla tipicità della viticoltura italiana, cioè dal fatto di avere un’elevata quantità di vino supportata da una miriade di vitigni, tutti molto validi», afferma il professor Stefano Poni, che su questi temi è stato anche ospite di Tgr Expo della Rai.

«Beviamo 36 litri di vino a testa all’anno, 2/3 di vino in meno rispetto a 30 anni fa - spiega il direttore del dipartimento di Scienze delle produzioni vegetali sostenibili della sede di Piacenza dell’Università Cattolica - . Questo dato va però comparato con quello dell’export, che vede un mercato in continua espansione. Il che significa che quello che non viene consumato a livello nazionale è stato recuperato in maniera molto efficace grazie ad una strategia di mercato internazionale molto brillante».

Delizie ma anche qualche croce. «L’anello da perfezionare della nostra catena viticolo-enologica è quello dei molteplici vitigni territoriali molto apprezzati, ma complessivamente ancora poco conosciuti in Italia e all’estero. La sfida vera è portare il nostro vino all’estero» aggiunge Poni. Occorre cercare il “modo italiano”, ovvero esprimere questa ricchezza e questa varietà con adeguate strategie di marketing che valorizzino la qualità e il terroir nel suo complesso.

Nella ricetta per un’Italia che voglia portare il proprio vino all’estero c’è anche il tema dell’innovazione tecnologica, di cui la facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali dell’Università Cattolica è voce autorevole: «Abbiamo in viticoltura una serie di tecnologie nuove basate sui principi della viticoltura di precisione, che ci consentono di studiare in dettaglio la variabilità dei nostri impianti. Per esempio siamo in grado di capire i fabbisogni d’acqua o concimazione di ogni singola pianta. Questo consente di gestire al meglio la coltivazione con un occhio attento alla sostenibilità. E poi l’uso dei droni ci consente oggi di avere immagini e mappe che l’occhio umano non potrebbe percepire». Tradizione e innovazione insieme, dunque, per brindare anche in futuro all’Italia, Paese di-Vino.