«Sposare un’oca serve per non essere un capro»: potrebbe sembrare una sentenza bizzarra ed inaspettata, ma, di fatto, è da considerare come la quintessenza di una filosofia matrimoniale popolare, assai diffusa e condivisa da buona parte degli uomini borghesi della Francia seicentesca, che, nella figura di Arnolphe, il protagonista de L’école des femmes di Molière, trovò uno strenuo sostenitore. La comicità dell’opera di Molière (1622-1673), che lascia sempre trasparire un velo di amarezza di fondo, ha caratterizzato l’ultimo incontro del ciclo Teatro 2010, tenuto giovedì 16 dicembre 2010 da Giuseppe Bernardelli, docente di Letteratura Francese presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore; a destare il sorriso sul volto dei partecipanti alla lezione-conferenza è stato l’attore Daniele Squassina che ha offerto un’esilarante interpretazione di alcuni passaggi della commedia.

MoliereL’école des femmes (La scuola delle mogli, 1662) è un’opera in cinque atti, di notevole impegno letterario, che – secondo la classificazione dell’epoca – potrebbe essere definita come una “commedia sostenuta”, rapsodicamente divertente e volta al drammatico. In accordo ai canoni della commedia del Seicento, la scena della pièce è fissa; tutto si svolge in una piazza di Parigi che, già nel XVII secolo, era la metropoli dai salotti lussuosi in cui le monde, ossia l’alta società parigina, si intratteneva e si sollazzava con dicerie e pettegolezzi. La trama è piuttosto semplice e si snoda secondo alcuni tòpoi letterari come il segreto amoroso e l’agnizione finale. Per Arnolphe, ad un uomo non può capitare disgrazia peggiore che quella di essere tradito dalla propria moglie; perciò, come spiega all’amico Chrysalde, vuole sposare Agnès che egli ha fatto allevare in un convento nella più completa ignoranza ed ingenuità. Ma Horace, figlio del suo amico Oronte, appena arrivato in città si innamora della candida Agnès ed Arnolphe è costretto a subire, fremendo, tutte le confidenze del giovane che è all’oscuro che l’ignoto geloso che tiene sotto chiave Agnès sia proprio Arnolphe. Riusciti vani gli sforzi per impedire che Agnès incontri Horace, appreso dalla fanciulla stessa il suo amore per il giovane, Arnolphe vede la propria sconfitta diventare definitiva con il ritorno dall’America del padre di Agnès che dà la figlia in sposa ad Horace.

Arnolphe, un uomo celibe e assai benestante di oltre quarant’anni, incarna la vanità del borghese che vuole apparire nobile; secondo l’accezione dell’epoca, borghese era colui che aveva un proprio censo e che godeva dei diritti civici. Arnolphe è anche un fustigatore impertinente, un chiacchierone dalla lingua velenosa che non sa tacere; i suoi pensieri ed il suo comportamento tradiscono un solido moralismo che però si sgretolerà di fronte alla vera realtà dei fatti. Il protagonista principale è ossessionato dall’idea di poter essere tradito; avere accanto una donna che gode di indipendenza economica, spirituale ed intellettuale espone l’uomo ad un alto rischio di tradimento. Terrorizzato al solo pensiero di poter essere motivo di ludibrio per l’alta borghesia benpensante, Arnolphe elabora dieci massime come precauzione da offrire alla sua futura sposa, ignara sino all’ultimo momento di dover diventare la sua consorte, affinché questa non gli dia modo di temere un eventuale tradimento.

Dalle massime predicate emerge la figura di un marito-padrone che inevitabilmente vede nella sua donna una possibile tentazione per gli altri uomini; si coglie la morbosità asfissiante di un marito che preferirebbe avere accanto a sé una donna poco piacente e assai ignorante purché non sia motivo di interesse per un altro uomo, giacché – come recita una delle massime – la moglie «se vuol piacere allo sposo non deve piacere a nessuno». Al termine della pièce, la sicumera di Arnolphe scema poiché la semplice Agnès, non più così ingenua e remissiva, riesce a ribaltare la situazione impartendo al suo padrone una seria lezione: l’amore sovrasta ogni ragionamento e l’istinto insegna ciò che non è stato insegnato. Questa è la scuola delle mogli o, più genericamente, delle donne (è possibile tradurla in entrambi i modi in virtù dell’area semantica che il termine francese “femme” ricopre): grazie all’amore che supera qualsiasi macchinazione mentale e che «alla più sprovveduta dona l’intelligenza», anche le persone più umili e semplici possono trovare la giusta soluzione in ogni occasione della vita perché «l’amore è un gran maestro che ci insegna ad essere ciò che non fummo mai».

Il relatore ha concluso l’incontro sottolineando gli aspetti tipici di Molière che hanno consacrato il suo teatro ad un continuo e secolare successo di pubblico. Nelle sue pièces – come si può notare anche in L’école des femmes – Molière adottò tutti gli espedienti adatti ad appagare il pubblico; egli fu uomo di spettacolo che fece teatro per il gusto di farlo, senza l’intento di trasmettere principi o insegnamenti moraleggianti. Ciò che conta non è la verità dei suoi testi, ma la loro vicinanza allo spettatore che, al termine dell’opera, deve essere divertito o commosso. I suoi personaggi, che hanno nomi emblematici (nomen omen), si conoscono ancor prima di vederli in scena – basta pensare ai nomi dei protagonisti de L’école des femmes: Arnolfo era il protettore dei cornificati, Agnese era la casta ed Orazio era l’amoroso nella Commedia dell’Arte. Il pensiero libertino, scettico e laicista del Seicento francese, intriso comunque di pietà e di rispetto per la religione, consentiva al fruitore d’arte di cercare nel teatro un puro divertissement in modo da distaccarsi dalla vita reale per ritrovare sé stesso nel riso amaro dei personaggi che fanno ridere, ma non sono mai ridicoli. Sebbene l’obiettivo di divertire prevalga sulla logica della verità, è possibile rintracciare un profondo verismo di natura sociologica e psicologica: lo sfarzoso mondo benestante dell’epoca è incarnato da personaggi che presentano profondità, evoluzione e spessore psicologici, come ben testimonia Arnolfo, il quale passa da una prima insolenza presuntuosa alla successiva disperazione d’amore, perdendo la sovrastruttura dell’egoismo e diventando un uomo comune che, con le sue passioni ed i suoi limiti, è protagonista di una vera école de vie.