La crisi è un grande vantaggio per la mafia: cerca di costruire le sue ragnatele, di offrire i suoi servizi, di stringere rapporti con imprenditori che hanno bisogno e di subentrare alle imprese che falliscono. Nando Dalla Chiesa, presidente onorario di Libera e direttore dell’Osservatorio sulla criminalità organizzata dell’Università degli Studi di Milano, è tornato a Piacenza per l’incontro organizzato dai dipartimenti di Scienze giuridiche e di Scienze economiche e sociali della sede dell’Università Cattolica, dal titolo “Criminalità mafiosa e sviluppo economico in tempo di crisi: l’informazione alla prova dei fatti”.

Introdotto dai professori Francesco Timpano, Antonio Maria Chizzoniti e Donatella Depperu, l’incontro ha visto anche gli interventi di Santo Della Volpe, caporedattore della cronaca nazionale del TG3, vicepresidente di “Libera informazione”, nata all’interno di “Libera”, fondata da don Luigi Ciotti, e di Carla Chiappini, componente del Consiglio di disciplina dell’Ordine dei Giornalisti. Presente anche Antonella Liotti presidente provinciale di Libera.

 

 Per gentile concessione TeleLibertà

«È importantissimo trovarsi qui tutti insieme: studenti, docenti, forze politiche, forze di polizia, giornalisti, perché tuti insieme possiamo capire come interpretare la realtà della mafia e dei suoi fenomeni, e smascherare così i tentativi di corruzione. La formazione è lo strumento di conoscenza per fare una vera battaglia contro le mafie», afferma una appassionato Santo Della Volpe cui fa seguito l’intervento del professor Timpano, che sottolinea il rapporto molto forte tra mafia e sviluppo economico, segnalando l’impatto pesantemente negativo della mafia sul sistema territoriale e non più solo al sud.

É dalla tempestività dell’azione di contrasto che parte Dalla Chiesa nell’affrontare l’argomento: «Gli scopi della violenza mafiosa si decifrano prima che diventino perseguibili: quando i fenomeni si manifestano in modo silenzioso, c’è bisogno urgente di strumenti più affinati per contrastarli». Dalla Chiesa trova utili gli studi di comunità, che consentono di registrare le trasformazioni in atto, i fenomeni dalla loro comparsa: «La ‘ndrangheta si insinua senza fare rumore, scegliendo gli appalti marginali, studiando dove ci sono pochi controlli o avendo collusioni con la pubblica informazione grazie a impiegati infedeli oppure a bancari amici che avvisano i boss se un’azienda è in crisi per poterla “rilevare”».

Due le strategie di inserimento della mafia nel tessuto economico e sociale di un territorio: la collusione e la penetrazione. «La mafia ha capacità di lettura e di scelta: quando vede una grande opportunità (come l’Expo) si muove rapidamente, sfruttando la sua rete di relazioni e accaparrandosi non i pezzi pregiati, ma agendo su ciò che non si vede, subappalti, forniture. La sua capacità di penetrazione è eccezionale grazie a una rete incredibile di collusioni sociali economiche e amministrative e grazie ad un know how collaudato» sottolinea Dalla Chiesa. Che prosegue: «La mafia agisce poi attraverso l’usura delle imprese “decotte” (e qui è preziosa la collaborazione di bancari “amici”), mediate il riciclaggio, molto più facile con la crisi, che viene fatto entrando in bar, hotel, ristoranti posizionati strategicamente per rafforzare la rete di relazioni. E poi c’è il credito, la disponibilità di capitale e di liquidità, che in tempo di crisi agevola l’azione di penetrazione della mafia“. Parlando di collusione da parte della società civile, il presidente di Libera sottolinea le due disposizioni d’animo che portano gli imprenditori a cadere nella rete mafiosa: “Da un lato c’è la presunzione di superiorità dell’imprenditore: io laureato non mi farò irretire da uno che ha la quinta elementare. Dall’altro lato la sottile ammirazione: il mafioso è talvolta visto come quello furbo, che ha i soldi e il potere».

E così più o meno indisturbata, nel silenzio più o meno colpevole, la mafia è penetrata indisturbata anche al nord. «Le mafie al Nord sono sempre più aggressive – spiega Dalla Chiesa – verremo a sapere che cosa sta succedendo con le inchieste che matureranno tra quattro, cinque anni. Ma non è impossibile capire le trasformazioni in corso, basta leggere i verbali dell’autorità giudiziaria e gli studi di comunità». Cita gli esempi di Buccinasco, Bollate, Desio, Seregno, località in cui la ‘ndrangheta si è infiltrata in modo capillare.
Poi c’è il tema delle sale gioco. «C’è un ritardo intollerabile da parte delle autorità. Si sta facendo poco e come sempre si accetta con rassegnazione ciò che le leggi attuali consentono. Occorrerebbe regolamentarne l‘apertura in modo molto più stringente».

Infine un invito ai mass media a tenere gli occhi aperti, osservare, studiare se cambia l’economia, il commercio, gli immobili, chi sono i nuovi “uomini forti” di una città. Un compito affidato in prima linea anche ai giornalisti e alla stampa che deve indagare, mettere in luce i fenomeni per muovere le coscienze e dare un’accelerazione al cambiamento.