Il professor Mandelli con il preside BellantoneDopo il grande successo di Ho sognato un mondo senza cancro, il suo primo bestseller del 2010, il professor Franco Mandelli martedì 23 settembre ha presentato la sua ultima opera editoriale Curare è prendersi cura, all’interno del consueto appuntamento del ciclo di incontri letterari de “Il cielo nelle stanze”, l’iniziativa ideata e promossa dalla Direzione dell’ospedale e dalle Librerie Arion, e affidata alla conduzione del giornalista Luciano Onder.

Nella hall del Policlinico Gemelli, piena di degenti, studenti, personale e visitatori e alla presenza di molti suoi allievi tra cui il professor Giuseppe Leone, già direttore dell’istituto di Ematologia del Gemelli e del preside della facoltà Rocco Bellantone, il presidente dell’Ail (Associazione Italiana contro le Leucemie, i linfomi e il mieloma), in una confessione aperta e sincera, ha condiviso con il numeroso pubblico un insieme di pensieri e riflessioni sui temi più grande attualità nel mondo sanitario e assistenziale. I proventi del volume saranno interamente devoluti al finanziamento delle attività dell’Ail.

Ma è stata soprattutto la sua testimonianza personale, professionale e umana, a catturare l’attenzione e l’interesse di tutti, confermando il merito della sua esperienza, improntata costantemente alla ricerca della miglior cura medica mai disgiunta dalla ricerca della miglior cura globale, cioè del miglior “prendersi cura” della persona malata.

«L’ho capito da quando mi sono laureato – ha esordito Mandelli – : il malato non è solo una persona a cui dobbiamo dare farmaci e cure. È una persona che ha il diritto di parlare, di essere ascoltato, di telefonarci sempre, di essere seguito ogni giorno. Anche la domenica mattina andavo sempre in ospedale, visitavo con più calma i pazienti e loro erano felici di quelle attenzioni, di ricevere anche solo una parola di conforto e di interesse».

Il professor Mandelli con Onder«In questi decenni - ha continuato il presidente dell’Ail, professore emerito di Ematologia dell’Università La Sapienza e primario emerito del Policlinico Umberto I di Roma – ho visto cambiare tantissimo l’ematologia, purtroppo ho curato tante volte i bambini, anche quando, malattie come la leucemia acuta non dava speranza: ora si può guarire in quasi l’80% dei casi. Certo, ancora adesso è difficile per me comunicare le diagnosi infauste, soprattutto perché ci si affeziona ai malati, a tutti i malati, non solo ai bambini. Anzi, vorrei dire che forse, mentre i bambini non vengono lasciati mai soli soprattutto dalle loro mamme, sono gli adulti e gli anziani quelli che rischiano di più di vivere l’esperienza della malattia oncologica e delle cure in solitudine».

La conversazione è proseguita, inframmezzata da aneddoti e ricordi personali di una vita tra le corsie di ospedale, toccando i vari argomenti trattati nel libro: l’assistenza domiciliare, la spending review in Sanità («Ridurre la spesa per la Sanità senza compromettere le cure è possibile: pensiamo solo all’uso che si potrebbe fare dei farmaci equivalenti, il cui consumo è troppo basso in Italia e all’applicazione reale e concreta dei costi standard»), al mondo del volontariato («Il sorriso di un volontario può davvero cambiare la vita di un malato. Il medico deve avere un rapporto da amico con il malato: in questo i volontari mi hanno aiutato moltissimo. Ancora oggi, quando i volontari del passato mi incontrano mi dicono: Professore, quello in cui abbiamo lavorato insieme è stato uno dei periodi più belli della mia vita»).

Infine, un messaggio per i giovani che vogliono iscriversi alle facoltà di Medicina: «Chiedetevi sempre: perché voglio fare il medico? Se lo fate per vivere una vita facile e ricca, non è quella la strada. La nostra è una vita pieni di sacrifici e di impegno, anche a costo di trascurare gli affetti e molti interessi personali. È una vita di amore per i malati, ma anche per i parenti dei malati, che non dobbiamo mai trascurare. È una vita in cui non c’è domenica e non c’è notte in cui riposare se qualcuno ha bisogno di noi, anche solo per parlare. Ma posso dirvi con sincerità che l’ho sempre fatto con grande piacere».

Il mondo non è ancora senza cancro, come sognava il professor Mandelli tanti anni fa, ma certamente la ricerca medica e clinica e nuovi percorsi organizzativi e assistenziali hanno manifestato enormi progressi nello studio, diagnosi e cura di quelle malattie che solo qualche anno fa non lasciavano spazio alla speranza di guarigione. E certamente l’atteggiamento, la disposizione personale e umana, la comunicazione e l’alleanza fra medico e paziente sono ancora segreti svelati e mezzi fondamentali affinché il percorso di cura giunga a buoni e positivi traguardi.