Non sarà solo una manifestazione fieristica, ma un laboratorio di idee su un tema che l’Italia ha avuto il merito e la forza di portare per la prima volta al centro di una Esposizione universale. Non ha dubbi il ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina, ospite dell’Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali (Aseri) due giorni dopo l’evento del 7 febbraio all’Hangar Bicocca, di cui è stato il vero promotore, introdotto dal videomessaggio di Papa Francesco e concluso dal premier Renzi.

Roberto Arditti, direttore Institutional Affairs di Expo2015, lo ha detto molto chiaramente: «Noi italiani abbiamo il merito storico di essere stati i primi ad avere imposto all'agenda internazionale la prima Esposizione Universale dedicata ai temi dell'alimentazione: non ci aveva pensato nessuno prima. E poiché la storia ha un suo filo logico, il fatto che l'Italia arrivi a proporre una simile sfida e che il mondo l'abbia accettata, in questo particolare momento storico, significa che il tema dell'alimentazione è arrivato a giocare un ruolo geopolitico che non ha mai avuto prima».

Arditti ha fatto notare che «non è stata tradizione delle ultime Esposizioni Universali fare uno sforzo significativo sui contenuti. L'Italia si pone questo obiettivo con una forza e un'originalità che era andata perduta negli ultimi anni. Dobbiamo giocare al nostro meglio questa sfida sui contenuti, in continuità con quella che sarà la futura edizione di Dubai, Connecting Minds, Creating the Future».

Il professor Pier Sandro Cocconcelli, direttore di Expolab dell'Università Cattolica, a cui è stato assegnato uno dei nove cluster tematici affidati per la parte culturale e scientifica alle università, ha messo in guardia chi svolge questo lavoro di ricerca da un rischio impellente: «Il settore alimentare è uno dei pochi nei quali domina ancora una visione ideologica della realtà, che non tiene conto dei fatti. Una visione che va superata, altrimenti non saremo in grado di risolvere la grossa sfida del settore alimentare». Per questo, secondo Cocconcelli, «è necessario il coinvolgimento e la collaborazione tra scienza, produzione, accademia e politica».

Maurizio Martina, riprendendo “Le idee dell’Expo” del 7 febbraio, ha insistito sulla necessità «di creare un pubblico interessato di non addetti ai lavori». Secondo il ministro realizzare «la Carta di Milano» è un modo per fornire all'Expo una caratura politico-istituzionale, che si è persa nelle ultime edizioni. «Oggi l'Italia si candida a riconsegnare all'Esposizione Universale questa forza, proprio perché il tema induce a prendere questa via». Inoltre, «l'Expo di Milano si colloca quale introduzione alla discussione delle Nazioni Unite sugli obiettivi del prossimo millennio, ospitando il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon il 16 di ottobre, a sancire il fatto che l'Esposizione, nella sua funzionalità istituzionale, ma non rigida, sia in grado di indirizzare specificamente la discussione internazionale».

Quanto fatto sabato altro non è che «il primo tempo di ciò che svilupperemo nelle prossime settimane. Questo filo ci può condurre a compiere un'esperienza positiva che contribuirà a segnare l'agenda internazionale, e a rendere l'Italia consapevole della forza che può avere se si guarda in una simile prospettiva». «Continuo a pensare – ha aggiunto – che per noi Expo Milano possa completare il posizionamento dell'Italia su questi temi, dal momento che a Roma vi sono le sedi di tutte le più grandi organizzazioni internazionali del fronte, dalla Fao al World Food Program».

Un'ultima battuta per il ministro, incalzato dal direttore di Formiche Paolo Messa, che ha coordinato l’incontro, è stata riservata sul dopo Expo a Milano. «Consegniamo a Milano una piattaforma di un milione di metri quadrati con una infrastrutturazione tecnologica tra le più avanzate d'Europa. A chi va dicendo che è stato stravolto un paesaggio agricolo, rispondo di andare a vedere cosa c'era prima. Ciò che è stato fatto consiste anche in una grande opera di riqualificazione del territorio. Il fatto che ci sia un mondo universitario e imprenditoriale pronto a ragionare su questo fronte e che il governo sia pronto a fare la sua parte, consentiranno di giungere a una comunione d'intenti».