E' una donna a metà tra giornalismo e letteratura l'ultima ospite di Encuentro con l'autor, il ciclo di appuntamenti promosso dal dipartimento di Scienze linguistiche e letterature straniere in collaborazione con l'Instituto Cervantes.

Nata a Barcellona nel 1965, Olga Merino è una delle giornaliste e storytellers di punta della letteratura spagnola. Dopo una laurea in storia e letteratura latino-americana, inizia a lavorare per El Periódico de Catalunya e sogna di diventare inviata in America Latina. Ma il destino sceglie per lei e va in Russia. «Ero giovane, avevo 27 anni e mi diedero solo dieci giorni per decidere. Non ero mai stata in un paese dell’Est, non conoscevo né la lingua né la cultura. Arrivai a Mosca nel gennaio 1993, nevicava, c’erano 25 gradi sotto lo zero. Appena uscita dall’aeroporto mi resi conto di possedere tre qualità non proprio favorevoli per quel Paese: donna, vegetariana e astemia».

Per descrivere la Russia non esistono mezzi termini: o la ami o la odi. Olga se n’è innamorata subito ed è rimasta per cinque anni, proprio in un momento cruciale: il passaggio dal sistema comunista alla democrazia, dall'economia pianificata alla libertà di mercato. Forte di questa esperienza, la Merino ha scritto il primo romanzo, Cenizas Rojas.

Secondo Manuel Vázquez Montalbán, l’arte della letteratura è superiore alla storia in quanto solo gli scrittori sono in grado di occuparsi di dolore, sofferenza e angoscia. Olga sente il bisogno di dover raccontare il mondo russo dal proprio punto di vista, cioè quello di uno straniero. Cenizas Rojas è infatti un romanzo con personaggi russi ma uno dei protagonisti è un “niño de la guerra” cioè uno spagnolo in Russia. Spiega l’autrice: «Quella di Ginés è una storia particolare. Pochi sanno che, durante la guerra civile spagnola, tra il 1937 e il 1938, migliaia di bambini furono evacuati affinché non subissero i terribili bombardamenti nel Nord della Spagna. Tra questi, 3mila furono portati in Russia. Alla fine della guerra, in Spagna vi era il franchismo e questi bambini, ormai cresciuti, che tornavano da un Paese comunista non erano graditi. Molti di loro non avevano una famiglia da cui tornare e quelli che provarono a tornare non riuscirono mai ad adattarsi».

La seconda opera di Olga Merino è datata 2004. Espuelas de papel è la storia di una famiglia che alla fine degli anni ‘50 abbandona un piccolo paese andaluso per emigrare in una Barcellona già industrializzata. «L’emigrazione è un tema molto caro alla Merino - ha ricordato Dante Liano, docente di lingua e letteratura spagnola che ha moderato l'incontro insieme a Victor Andresco dell'Instituto Cervantes - in quanto in entrambi i romanzi presenta dei personaggi che si estraniano, non per scelta, dalla propria realtà». La scrittrice conferma pienamente questa lettura: «Sarà perché durante la mia vita ho viaggiato molto. Adesso che ci penso, anche il mio nuovo romanzo sarà una storia di emigración».

Il titolo del nuovo libro è Los perros que ladran en el sòtano, storia di un omosessuale che durante gli anni ’30 è costretto a fuggire dal proprio Paese, un protettorato spagnolo. Nel corso dell’incontro, Olga Merino ha provato a definire il rapporto tra giornalismo e scrittura: «Il giornalismo è un’arma a doppio taglio: è una professione estremamente esigente e in cui non esistono orari. Credo che sia paragonabile al sacerdozio. I cinque anni in Russia sono stati un’esperienza estenuante, un cambiamento convulso che mi ha avvicinato ad un mondo che prima non conoscevo e che dopo non potevo più fare finta di non conoscere. Credo, però, sia impossibile conciliare la professione di giornalista con quella di scrittore».

L’essere giornalista continua a segnare il suo modo di scrivere. E quando le viene chiesto come mai i suoi romanzi sono di semplice e chiara lettura, risponde: «A volte mi piacerebbe essere più opaca, possedere un’aulicità tutta letteraria, ma non ci riesco. La mia formazione è quella di giornalista. Il mio sguardo è diretto, giunge subito all’anima delle cose. Forse anche troppo. Quando sto per finire un romanzo e la rileggo, mi sorprendo di come io riesca a trattare con crudezza la morte. Non sto lì ad inventarmi artifici, ma condenso l’evento in poche righe».

Morte, giornalismo, letteratura. Olga Merino informa gli studenti sullo stato della letteratura di oggi. Non è comatoso, ma rinascente, almeno in America Latina e in Spagna. Qui si è sviluppata una tendenza nuova: un nuovo giornalismo che ricerca nel grande reportage la letteratura o, nella storia, l’analisi degli eventi di guerra. Perché, come dice la Merino, gli eventi passati sono «voces de la memoria que se repitan y que modelan nuestra vida». Come non raccontarli?