«Per un diciottenne dell’Elba non dev’essere stato facile abbandonare la vista del mare per raggiungere le brume lombarde, eppure Milano diventerà la sua città d’elezione»: così il professor Luciano Caimi ha ricordato gli inizi della carriera del collega Luciano Pazzaglia, nella giornata che il 14 giugno in sala Negri da Oleggio ha reso omaggio alla sua carriera accademica, giunta alla conclusione dopo quattro decenni spesi nell'insegnamento di Storia della pedagogia e dell'educazione. Un itinerario che, grazie alle sue ricerche, lo ha reso un punto di riferimento internazionale per la storia della scuola italiana e dei dibattiti pedagogici dopo l'Unità. L’occasione è nata dalla presentazione del volume di studi in suo onore Autorità e libertà. Tra coscienza personale, vita civile e processi educativi, edito da Vita e Pensiero.

Michele Lenoci, preside della facoltà di Scienze della formazione, aprendo l’incontro, ha ricordato le tappe del percorso universitario di Pazzaglia: «Cinquantasette anni lunghi, intensi, operosi», iniziati tra i chiostri della Cattolica nel 1954 quando entra a far parte del collegio Augustinianum; nel ’58 arriva la laurea con Aldo Agazzi; nel ’69 la libera docenza e nel ’70 diventa assistente di ruolo; solo cinque anni dopo Pazzaglia è ordinario di Pedagogia. Come ha sottolineato il preside, nei suoi anni d'insegnamento ha avuto la capacità di coinvolgere nella ricerca pedagogica anche studenti di altre facoltà, allargando positivamente i confini di una materia che deve, secondo la sua intuizione, dialogare con le altre discipline storiche. Gli anni in collegio sono stati fondamentali per la sua formazione, non solo per lo studio ma anche per i momenti goliardici, per la condivisione delle idee con un gruppo di giovani ragazzi che avrebbero percorso carriere differenti ma tutti impegnati a portare avanti le proprie idee, i propri valori. «Era un po’ come essere ad Harvard», rivelano i bene informati.

Tra i maestri di quegli anni Gustavo Bontadini, Sofia Vanni Rovighi, Cinzio Violante. Quest’ultimo in particolare lo incoraggia, dopo il perfezionamento negli anni ’60, a continuare i suoi studi sul teologo francese Lucien Laberthonnière e il confronto tra fede e pensiero moderno. Iniziano così i viaggi a Parigi, che diventerà la «città al centro della predilezione». Grande affinità d’intenti trova Pazzaglia anche con il rettore Giuseppe Lazzati, con cui condivide l’idea di un’università aperta, colloquiale, laico-cristiana. Negli anni ’70 arriva la piena affermazione di studioso con la monografia Educazione religiosa e libertà umana in Laberthonnière.

L’ex preside di Giurisprudenza Giorgio Pastori, compagno di collegio di Pazzaglia, ha raccontato il clima di quegli anni, alla ricerca della realizzazione di un incontro dei laici tra la formazione cattolica e l'impegno civile e politico. Soprattutto, negli anni '80, sono state fondamentali le discussioni sul concetto di laicità, il senso dello Stato, l'educazione e la formazione culturale. Indimenticata anche la riflessione “costituzionale” di Giuseppe Lazzati, che è poi diventata statuto della Fondazione da lui fondata: una linea di pensiero che Pastori ha definito ancora attuale perché i valori costituzionali sono ancora messi in forse, la responsabilità personale è sempre più in secondo piano e l'incontro dei valori religiosi dentro il concetto ampio di libertà è ancora difficile.

Alberto Melloni, storico dell'Università di Modena, partendo dagli studi pubblicati nel volume, ha ripercorso alcune tappe della storia dell'Università Cattolica cominciando dalla figura di padre Gemelli, fondatore di una «fabbrica della democrazia» in cui il rigore e la pratica effettiva della vita cristiana doveva sposarsi con l'impegno nella vita civile. Da questa idea disceseto i Lazzati, La Pira, Fanfani, Dossetti, Bontadini. Autore, quest’ultimo insieme ad altri, di un mancato quaderno del 1948 sulla costituzione di un secondo partito cattolico accanto alla Democrazia Cristiana. Uno scritto riservato che non giunse mai alla pubblicazione.

Secondo Melloni, Pazzaglia, che ha scritto una corposa prefazione al carteggio tra Montini padre e figlio, Giorgio e Giovanni Battista, poi papa Paolo VI, continuando sulla linea dell'impegno, ha enfatizzato il ruolo della cultura come terreno ideale per coltivare la democrazia e ha parlato per la prima volta di "sfida educativa". Grazie a lui è stato adottato un grande rigore del linguaggio, «l'unica cosa che rende impossibile il dialogo», come ricordava don Milani. Melloni ha chiuso il suo intervento ricordando che Paolo VI attende un biografo e che potrebbe essere proprio Pazzaglia.

Francesco Margiotta Broglio si è invece concentrato sull’insegnamento della religione, ripercorrendone le fasi storiche, e sul “doppio binario” proposto negli anni '70, ovvero l'idea che la scuola dovrebbe offrire lo studio della religione in maniera generale permettendo poi un facoltativo approfondimento di quella cattolica, in modo da creare anche dei veri e propri laboratori di ricerca.

A completare il quadro dell'impegno di Pazzaglia anche fuori dall'Università erano presenti il teologo Angelo Maffeis, in rappresentanza della casa editrice La Scuola, con la quale il professore collabora da 50 anni e continua ancora oggi con la direzione della rivista "Annali di Storia dell'educazione e delle istituzioni scolastiche", e Mons. Guy-Réal Thivierge, segretario generale della Federazione internazionale delle università cattoliche (Fiuc). A rendergli omaggio è intervenuto anche l’attuale presidente dell’Association Catholique Internationale des Istitutions de Sciences de l'Education (Acise), presieduta da Pazzaglia dal 2006 al 2009, Juan Carlos Torres.

Il ritratto di Pazzaglia tracciato dai suoi colleghi mette in evidenza la ricerca e l'impegno didattico profuso in tanti anni, senza chiudersi in nessuna turris eburnea, perché allo studio ha sempre affiancato una militanza culturale e civile e una grande capacità di maestro di studi storici, insieme alle qualità umane che hanno permesso di creare aggregazioni proficue per la ricerca. Il volume di studi in suo onore insiste sul binomio, «di vibrante attualità», Autorità e libertà e la lezione di Pazzaglia invita a cercare un equilibrio dinamico che parta dal principio secondo cui, come dice l’autore, «l'educatore cattolico ha il compito di concorrere a formare delle coscienze libere, sicché i pensieri e le credenze che loro ispira di producano in esse come frutti di vita loro propri».