È uno dei miti antichi più produttivi e versatili ancora oggi. A Prometeo è stato dedicato il 3 e 4 dicembre, nella sede bresciana dell’Università Cattolica, un convegno, coordinato dalla professoressa Maria Pia Pattoni, che costituiva il prosieguo di un analogo ciclo di conferenze svoltosi lo scorso anno.

Prometeo, titano che per amore dell’uomo ruba il fuoco agli dei, viene per questo punito da Zeus con la condanna a essere legato a una roccia e ad avere il ventre divorato da un’aquila per l’eternità, fino a quando Eracle non riuscirà a liberarlo dal supplizio. Questa versione del mito, raccontata per esempio in Esiodo e nel “Prometeo incatenato” di Eschilo, pone l’accento sul ruolo del titano nei confronti dell’uomo e si chiede se avergli consegnato la libertà sia un bene oppure un male. Abbiamo quindi, a seconda dell’interpretazione, la visione di un Prometeo progressista o regressista. Quest’ultima idea sarà ripresa nel tempo, per esempio da Rousseau, che lo riteneva un dio nemico della quiete umana, e da Mary Shelley.

Un’altra interpretazione molto diffusa è quella del Prometeo figulus, ossia creatore diretto della stirpe umana. Con l’Ottocento e il Romanticismo abbiamo poi l’identificazione del poeta con il titano, campione della libertà che osa ribellarsi al potere istituzionale.

Nel corso del convegno intitolato “Prometeo contemporaneo: gli ultimi fuochi”, su questa rapida rassegna si è concentrata la professoressa Pattoni, per poi cedere la parola al professor Corrado Cuccoro, che ha parlato di Prometeo come “patrono degli oppressi”, sottolineando come si possano riconoscere tre diversi filoni di questa interpretazione: i socialisti shelleyani, i marxisti e i critico-revisionisti in seno al marxismo. Abbiamo così  autori quali Hervey che parla di “uno spirito indomito di libertà”; Reade che lo fa sacrificare per un bene superiore; Ryga che lo rende attento alla gente ma dotato anche di individualismo eroico.

Più in generale, i vari autori parlano di Prometeo come di qualcuno in grado di opporsi al regime sia identificandosi con un partito politico ben preciso, ad esempio quello bolscevico, sia profetizzando un abbattimento dei despoti che dovrà però essere incruento. Ogni autore coglie un aspetto particolare del mito, lo contestualizza e lo sottolinea a seconda delle proprie convinzioni, ma quello che li accomuna tutti è l’idea di Prometeo difensore della libertà.

Una delle più recenti rivisitazioni del mito si trova nel film “Prometheus” di Tony Harrison, tuttora vivente, in cui l’autore fa compiere alla statua dorata del dio un viaggio che lo porterà in vari luoghi dell’Europa post-seconda guerra mondiale dove i suoi ideali sono stati distrutti. Allo stesso tempo, però, Prometeo e i significati che porta con sé non moriranno mai, incarnati prima da un vecchio fumatore incallito e poi dal nipote.

L’ultimo intervento della giornata, quello del professor Cesare Marelli, ha riguardato invece Heiner Müller, figura controversa di autore teatrale vissuto all’epoca della seconda guerra mondiale e della Ddr. Nonostante ritenesse giusto rimanere fedele al socialismo, e abbia per questo scelto di abitare nella Germania dell’Est, egli non riuscì mai a integrarsi del tutto col regime e le sue opere furono a lungo riconosciute all’Ovest prima di poter essere rappresentate anche all’Est. Müller compose varie opere ispirandosi al mondo classico, ad esempio l’Edipo re, il Filottete e il Prometeo, ma più di quest’ultima opera quella che ha interessato l’intervento del professor Marelli è stata “Zement”, prima pièce teatrale ad essere rappresentata al Berliner Ensemble.

Qui assistiamo a una ridicolizzazione e parodia del mito in cui Prometeo si è talmente abituato all’aquila, sua unica compagnia per tremila anni, da non voler essere liberato da Eracle. L’ispirazione deriva forse da Kafka, che scriveva nel periodo di crisi dopo la prima guerra mondiale, e raccontava di come tutti si dimenticassero del titano e la sua stessa ferita si stufasse di sanguinare. In Müller abbiamo invece il dio che, alla fine, accetta di essere liberato ma, non più abituato alla vita quotidiana a causa della lunga prigionia, è costretto ad appoggiarsi continuamente a Eracle: il semidio, immagine del proletariato, viene così a trovarsi subordinato dell’intellettuale borghese, lo stesso Prometeo.

Con questi interventi abbiamo approfondito alcuni aspetti delle varie visioni del mito prometeico che, a volte, possono apparire contraddittorie. Indubbiamente però, a prescindere dalle interpretazioni del mito, possiamo dire che la figura di Prometeo ha avuto nel tempo tante riprese come poche altre della cultura classica.