Le politiche educative sotto il segno della globalizzazione: è questa la cifra dell’incontro internazionale che si è svolto all’Alta Scuola in Economia e relazioni internazionali (Aseri) dell’Università Cattolica lo scorso 10 novembre sul tema: Education Europe: Policy, Management and Research, terzo appuntamento del ciclo di seminari Educational system: new challenges ahead. Seminari in Politiche pubbliche e formazione, collegati al corso di alta formazione Politiche pubbliche e formazione. Processi decisionali e strategie, istituito da Aseri con l’obiettivo di promuovere la conoscenza approfondita dell’azione pubblica e della formazione, attraverso momenti di confronto su tematiche di particolare attualità e rilevanza. L’incontro è stato promosso congiuntamente con la Scuola di dottorato in Scienze della formazione e il dottorato di ricerca in Pedagogia dell’ateneo.

Dopo il saluto di Michele Lenoci, preside della facoltà di Scienze della formazione, la tematica è stata ampiamente sviluppata dai due relatori. Romuald Normand, dell’Institut National de Recherche Pedagogique (Inrp) a Lione, coordinatore del Network of Experts in Sociale Sciences for Education (Neese) in collaborazione con la direzione generale per l’Educazione e la cultura della Commissione Europea, ha presentato una documentata analisi scientifica delle dinamiche nazionali e internazionali nello sviluppo delle educational policies e ha posto in luce come gli orientamenti assunti dagli organismi sovranazionali – in particolare Unione Europea e Ocse – hanno significativamente influito sugli orientamenti e sulle decisioni dei diversi Paesi, in materia di politiche dell’educazione e della ricerca. Con riferimento a quest’ultima la evidence-based policy implica una profonda trasformazione nella produzione della conoscenza scientifica in campo educativo. Valutazione, performance, flessibilità, management, partnership sono parole che hanno permeato la ricerca e i sistemi educativi, anche nell’ambito accademico. «È troppo presto – ha spiegato Normand – per apprezzare tutti gli effetti. I cambiamenti riguarderanno il riconoscimento delle competenze accademiche, il reclutamento e l’amministrazione della carriera, i rapporti fra amministrazione e accademici. I ricercatori hanno perso il monopolio della conoscenza e dovranno trovare il loro posto fra altri competitors in questo contesto globale».

Giuseppe Colosio, direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale per la Lombardia, ha ulteriormente sviluppato il quadro prospettico delineato e ha sottolineato la natura fondamentale ma sempre attuale del rapporto tra politica e ricerca: «Problema antico che ha sempre accompagnato ogni forma di esercizio consapevole di ‘royauté’ e ogni compito decisionale». Il suo intervento ha permesso di soffermarsi anche sul rapporto fra politiche educative e pratiche, richiamando la necessità di una ricerca educativa che, integrando metodologie quantitative e qualitative, sia un supporto efficace e significativo all’individuazione e allo sviluppo di best-practices sul campo. Ogni scuola – ha aggiunto Colosio – impiegando bene le prerogative dell’autonomia, può in sé essere il luogo in cui realizzare un circolo virtuoso fra ricerca, pratica e sviluppo di indirizzi per il governo della scuola, ben ancorati a dati e progetti significativi e controllati.

Renata Viganò, direttore del Corso e chairman del seminario, ha concluso richiamando il tema della comunità epistemica, inteso come comunità di esperti che esprimono competenze e interessi differenziati (ricercatori, amministratori, policymakers e stakeholders vari) come snodo per il futuro dello sviluppo delle politiche educative e come una prospettiva di riferimento per una ricerca educativa “significativa e sostenibile”.