Tatjana VontaChe ricaduta può avere il fatto che si stia creando una scollamento tra vecchie e nuove generazioni? Se l’è chiesto il seminario organizzato a Piacenza il 25 novembre. Il dato di fatto che emerge chiaramente è che in genere vecchi e bambini non si frequentano abitualmente, se non nel ruolo di nonni e nipoti. Abbiamo chiesto alla pedagogista Tatjana Vonta (nella foto), relatrice del convegno, se pensa che questa condizione abbia conseguenze per la società del futuro.

«La struttura demografica dei paesi europei sta cambiando molto velocemente - afferma -. Le relazioni tra i membri della famiglia si stanno sfilacciando; ci sono sempre meno legami sociali e molto più isolamento ed esclusione. I bambini stanno affrontando situazioni molto diverse in famiglia a causa dei divorzi e delle nuove composizioni dei nuclei familiari. La maggior parte dei bambini trascorre molto tempo della vita quotidiana nelle istituzioni, è ovvio pertanto che essi hanno meno possibilità di relazionarsi con gli adulti di tutte le età. D’altra parte ci sono persone sempre più anziane perché la vita media si è allungata, molti di loro sono ancora nel pieno delle forze e la maggior parte ha una stretta rete di relazioni intorno a sé. Molti però non vivono con le famiglie dei figli, ma da soli nelle loro case o in istituti per persone anziane ai margini della vita della comunità, spesso con la sensazione di non essere più utili a nessuno.

Quindi bambini e anziani sono tra loro assai distanti. «In questo modo disperdiamo il potenziale di apprendimento condiviso tra i bambini e gli anziani. Di fatto stiamo dicendo che le generazioni più anziane non sono in grado di trasmettere alcun patrimonio culturale ai bambini e allo stesso tempo trascuriamo il ruolo dei bambini nella condivisione della cultura contemporanea con gli anziani partecipando a trasformarla. La costruzione e il sostegno delle relazioni e del dialogo tra generazioni possono contribuire a migliorare la coesione sociale nella comunità, la promozione della solidarietà e cura per gli altri, soprattutto quelli più vulnerabili.

Che vantaggi ci sarebbero a riallacciare i legami tra piccoli e vecchi? «La frequentazione reciproca e continuativa sarebbe vantaggiosa per entrambi i soggetti: gli anziani si sentirebbero importanti, conservando le loro capacità di partecipazione attiva alla vita della comunità, l'autostima e la gioia di vivere; vivrebbero una migliore condizione di benessere e di salute, avrebbero il tempo per stare con i bambini. D’altra parte i bambini avrebbero l’opportunità di imparare dalle persone anziane (e questo è particolarmente importante per quei bambini che non hanno contatti regolari con i nonni), superando gli stereotipi e pregiudizi, sviluppandosi emotivamente e socialmente».

Per promuovere un approccio sistematico tra le generazioni, cosa potrebbero fare i servizi per l'infanzia? «Molti servizi per l'infanzia offrono diverse attività occasionali per le persone anziane soprattutto durante le vacanze, ma questo non è sufficiente per costruire e sostenere le relazioni intergenerazionali. I servizi per l'infanzia dovrebbero aprirsi alla comunità, organizzare attività continuative che coinvolgano i giovani e gli anziani. Il processo di progettazione, pianificazione e realizzazione di attività deve coinvolgere attivamente i bambini, i loro genitori e gli anziani. Questo è il modo per arricchire le opportunità di apprendimento per i bambini più piccoli e le persone anziane.

Quali competenze servono? «Educatori, insegnanti e operatori sociali dovrebbero avere alcune competenze specifiche, in particolare relative alle capacità di apprendimento degli adulti, al lavoro di squadra, alla cooperazione con i genitori e la comunità, e saper lavorare in contesti molto diversi. Per avere successo nella costruzione di relazioni, chi le promuove deve avere una visione d’insieme di tutta l'iniziativa e, naturalmente, molto sostegno da parte dei responsabili delle istituzioni».
 
In questo momento quali sono le priorità educative che i servizi per i bambini e la scuola dovrebbero affrontare? «In una frase: programmi educativi di qualità per la prima infanzia, per tutti i bambini e le loro famiglie. Quando dico programmi di qualità significa che la qualità del processo educativo è tanto importante quanto altri elementi più strutturali di qualità. Questi due elementi sono interdipendenti ma molte volte noi cerchiamo le ragioni di processi di scarsa qualità solo nelle caratteristiche strutturali dei servizi, come lo spazio, le attrezzature, il numero di dipendenti ecc. Nel processo educativo di qualità occorre porre attenzione invece alle interazioni, alle differenze, al coinvolgimento della comunità e dei genitori, all'osservazione e alla valutazione dello sviluppo del bambino, alla pianificazione e all'attuazione di metodi di apprendimento attivo, alla creazione di comunità di bambini. Per realizzare questo tipo di processi servono insegnanti competenti, ma allo stesso tempo non possiamo mettere tutto il peso solo sulla loro spalle. L'intero sistema Ecec (Early Childhood Education and Care) li dovrebbe sostenere nel diventare competenti».

Nelle sue recenti ricerche uno dei temi centrali è stato il processo di co-apprendimento tra educatori e insegnanti di diverse età. Come evitare dinamiche di competizione e di esclusione, e promuovere una maggiore collaborazione tra i professionisti senior e giovani? «Crescita professionale e cambiamento non sono possibili senza riflessione. Nei casi in cui si organizzano per educatori di diverse età e profili (nel nostro caso educatori e insegnanti della prima infanzia) occasioni di co-apprendimento e riflessione sull’esperienza, il processo di apprendimento è molto più veloce rispetto a quando li si lascia soli. Lo sviluppo professionale e di apprendimento non deve essere un processo solitario, occorre creare un ambiente di fiducia per tutti i soggetti coinvolti. Questo processo non è facile né veloce e richiede cambiamenti a diversi livelli».

Quali? «Prima di tutto durante la formazione di base: lo studente deve essere preparato per una crescita personale e professionale lungo tutta la vita; il diploma è solo l'inizio. Inoltre gli studenti dovrebbero compiere nel corso del loro studio molte più esperienze di osservazione del processo educativo, di riflessione e di lavoro di gruppo. Per realizzare esperienze di co-apprendimento nei servizi per l’infanzia è importante coinvolgere tutti gli educatori a partire dal processo decisionale su cosa, come e perché migliorare la loro pratica, fornendo occasioni (tempo, spazio, modalità appropriate) per le discussioni professionali al fine di raggiungere una comprensione condivisa del processo di qualità e una visione comune. I responsabili delle istituzioni giocano un ruolo estremamente importante in questo processo. Essi hanno il compito di stabilire dei rapporti positivi e sereni tra tutti i soggetti coinvolti, a cui deve corrispondere una partecipazione attiva del personale educativo. La crescita professionale non è solo un diritto ma anche una responsabilità professionale».