Ha raccontato la sua vita Alberto Fontana (a sinistra nella foto), direttore del Centro Clinico per le malattie neuromuscolari “Nemo” di Milano, protagonista lo scorso 5 dicembre nella hall del Policlinico Gemelli del ciclo di incontri “La vita è degna, sempre” . «Ho iniziato la mia vita camminando, poi piano piano ho perso le forze e ho smesso di farlo». Affetto da Sma, l’atrofia muscolare spinale, Alberto Fontana racconta così la sua storia, con parole semplici ma cariche di speranza. Non si stanca di portare la sua testimonianza e di raccontare la sua esperienza di malato di Sma alle generazioni future.
 
La sua testimonianza è stata il cuore de “La disabilità infantile: oltre i limiti”, il titolo scelto per il quarto incontro dedicato ai momenti “deboli” della vita umana, la vita prenatale, la disabilità, la vecchiaia avanzata, il fine vita promossi dal Centro di Ateneo per la Vita dell'Università Cattolica, presieduto da Rodolfo Proietti e diretto da Massimo Antonelli, in collaborazione con il Centro culturale di Roma e il Policlinico Gemelli e con il sostegno di Eni.

«Il momento più difficile della mia vita è stato quando ho smesso di camminare e il fisiatra che mi aveva in cura ha smesso di seguirmi. Ho vissuto il distacco e l’abbandono. Dobbiamo batterci perché questo non avvenga mai, per realizzare un’idea globale di assistenza ai malati di patologie degenerative come la Sma. Solo attraverso una risposta che si faccia carico di tutti gli aspetti della malattia si può arrivare a dare qualità della vita anche a persone gravemente malate”. È quello che si fa nel centro clinico “Nemo” presso l’Ospedale Niguarda di Milano, da poco “replicato” anche a Messina. Il centro si occupa della presa in carico globale delle persone affette da malattie neuromuscolari, offrendo supporto clinico, assistenziale e psicologico, volto a migliorarne la qualità di vita.

«Stare accanto al malato, per i familiari così come per i medici, è molto complesso - continua Fontana -. Quando ero bambino la malattia per me era soprattutto riflessa negli occhi degli altri. Mi sentivo un bambino come agli altri. Avendo avuto la fortuna di diventare genitore, comprendo la difficoltà che si ha nel raccontare ai nostri figli la malattia, che però può essere superata in virtù della sana incoscienza dei bambini».
 
Insieme a Fontana, è intervenuta Marika Pane, neuropsichiatra infantile del Policlinico Gemelli, dove è attivo un reparto modello per la cura di bambini affetti da patologie neurodegenerative. «Negli ultimi dieci anni - ha spiegato - c’è stato un netto miglioramento delle tecniche diagnostiche. Le malattie e le loro complicanze si sono conosciute meglio e sono state stabilite delle linee guida per cercare di arrivare alla cura della patologia. Sono stati inoltre perfezionati gli approcci di presa in carico della malattia, oggi più specifici, con percorsi clinici appositamente pensati per bambini. Al Gemelli - continua Marika Pane - abbiamo stanze singole a misura di bambino dotate delle più moderne tecnologie domotiche e gli spazi sono immersi in un arcobaleno di colori per rendere la degenza più “dolce” ai piccoli pazienti. Abbiamo cercato, grazie all’aiuto delle associazioni di pazienti, di rendere l’ambiente allo stesso tempo accogliente, idoneo alla disabilità e ricco di stimoli ed esperienze utili per la famiglia».