Correva la primavera del 1991 quando su Canale 5 andò in onda, per la prima volta in Italia, la puntata d’esordio della serie televisiva Twin Peaks. In occasione dell’ottava edizione del Telefilm Festival di Milano, Aldo Grasso, direttore all’Università Cattolica del Ce.R.T.A. (Centro di ricerca sulla televisione e l’audiovisivo), ha tenuto al cinema Gnomo una lezione speciale a  vent'anni dall’arrivo sugli schermi italiani della celebre serie tv ideata dal regista David Lynch.

«Sin dalla prima puntata – ha evidenziato Grasso - erano due le cose a richiamare l’attenzione del pubblico. Il cartello che dava il benvenuto a Twin Peaks, una cittadina al confine con il Canada che solo apparentemente sembrava un’isola felice, e una domanda che rimbombava nelle teste degli spettatori: Chi ha ucciso Laura Palmer?
L’apparente felicità della città e l’omicidio della giovane reginetta del liceo di Twin Peaks segnano stilisticamente la serie anche grazie all’apporto di personaggi indimenticabili. Basti pensare all’agente dell’FBI Dale Cooper, ossessionato dalla ricerca dell’assassino di Laura Palmer e ghiottissimo di caffè e crostate di ciliegie».

«La cosa interessante – prosegue Aldo Grasso – è da una parte la detective story che si snoda alla ricerca dei colpevoli della morte della ragazza, e dall’altra una dimensione tra reale e soprannaturale tipica anche della celebre serie tv "Ai confini della realtà". In riferimento al titolo della serie Twin Peaks, che in italiano vuol dire ‘due picchi’, qualcuno – ha sottolineato – ha voluto addirittura leggervi una premonizione del crollo delle Twin Towers nel 2001.

Per la prima volta in televisione entrano argomenti mai affrontati prima, segnando così l’incontro tra serialità e autorialità. Secondo Grasso la serie di David Lynch «sancisce un nuovo modo di raccontare, quello della multitrama», nella consapevolezza che l’utente televisivo non è più uno spettatore di serie B.

«Twin Peaks rappresenta il dopo Dallas perché non cerca di spiegarci dove sta il bene e dove sta il male», riuscendo a capovolgere continuamente queste categorie: il male si tramuta in bene e viceversa, rappresentando al meglio quella complessità del reale che si ritroverà poi in molte delle serie tv americane degli anni successivi come Lost.