Il professor Stefano BaraldiCostituiscono quasi il 10% delle strutture di ricovero nel nostro Paese e sono il punto di riferimento di ricoveri in riabilitazione per gli “over 75”. Parliamo delle strutture sanitarie di ispirazione cristiana che da sempre giocano un ruolo di primo piano nell’ambito del Servizio sanitario nazionale. A tracciarne un identikit è un’indagine del Centro di ricerche e studi in Management sanitario (Cerismas) presentata martedì 13 maggio durante il workshop dal titolo: Le istituzioni sanitarie di ispirazione cristiana tra tradizione e innovazione.

Un seminario di studio che è stata l’occasione per fare il punto non solo sulla “sanità cattolica”, chiamata a confrontarsi con nuove sfide dettate anche dalla scarsa disponibilità di risorse economiche, ma anche per presentare ufficialmente la nascita di un Osservatorio permanente sulle istituzioni sanitarie di ispirazione cristiana. Dopo i saluti introduttivi di Stefano Baraldi, direttore del Cerismas e pro rettore dell’Università Cattolica, e Alessandro Pirola, direttore amministrativo della Casa di Cura Columbus, l’incontro è entrato nel vivo della discussione con l’illustrazione dei risultati della ricerca coordinata da Eugenio Anessi Pessina, responsabile area ricerca Cerismas e professore di Economia aziendale all’Università Cattolica.

Le istituzioni sanitarie di ispirazione cristiana sono presenti in 15 Regioni italiane con 45.000 posti letto, 2 Policlinici universitari, 24 Ospedali classificati, 12 Irccs, 4 presidi sanitari e oltre 200 tra strutture per acuti, riabilitative, Rsa e istituzioni di servizio domiciliare. Sono 70.000 gli operatori sanitari e 8.000 i medici operanti in ospedali per acuti, strutture di riabilitazione, lungodegenza, hospice, servizi domiciliari dando un contributo rilevante per l’erogazione dei “livelli essenziali di assistenza” delle Regioni.

Dall’indagine del Cerismas, in particolare, risulta che nel 50% dei casi si tratta di strutture situate in regioni in piano di rientro. Ad avvalersene sono la Liguria, la Lombardia, la Puglia, e soprattutto il Lazio. Tuttavia, la ricerca mette in luce anche alcune criticità. Il primo nodo riguarda gli strumenti di management, più efficaci nel settore pubblico e privato; il secondo, l'incertezza dei capitali a disposizione per la copertura di eventuali perdite, che nel settore pubblico arrivano dalle Regioni o dallo Stato e nel settore privato dagli azionisti; il terzo, infine, riguarda una ricerca di sinergie tra istituti, molto forte nel pubblico e nel privato, ma maggiormente difficoltosa tra istituzioni di ispirazione cattolica.

A questi va aggiunto un altro punto di debolezza, emerso con forza durante la discussione tra i partecipanti al workshop, ovvero la scarsa trasparenza di alcuni istituti, che preferiscono non condividere le proprie esperienze di ricerca scientifica e manageriale con gli altri e rendono dunque più difficili possibili confronti costruttivi.

Ecco perché nel 2013 il Cerismas ha avviato un programma di ricerche, formazione ed eventi con l’obiettivo di creare una stretta cooperazione su tematiche di management, favorendo il dibattito sui temi più rilevanti per il Servizio sanitario nazionale. Fanno a oggi parte di questo “tavolo di lavoro” nove istituzioni: Casa di Cura Columbus, Irccs Oasi Maria Ss, Irccs Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, Fondazione Don Carlo Gnocchi, Fondazione Maddalena Grassi, Fondazione Opera San Camillo, Fondazione Poliambulanza Istituto Ospedaliero, Provincia Lombardo Veneta-Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio Fatebenefratelli, Policlinico universitario “A. Gemelli”.

Per dodici mesi Cerismas e i nove istituti coinvolti nel progetto di ricerca hanno analizzato e condiviso le proprie esperienze, concentrandosi in particolare sulle risorse umane di cui dispongono,  sulla loro allocazione e sulla loro formazione. «L’obiettivo è stato individuare le buone pratiche in modo da replicarle negli altri istituti», ha osservato Americo Cicchetti, responsabile dell’area eventi Cerismas e professore di Organizzazione aziendale nella sede romana dell’Università Cattolica.

Spunti preziosi di riflessione sono derivati dagli studi presentati nel corso del workshop e dalla loro discussione. Per quanto riguarda l’allocazione del personale, prima ancora di porre attenzione sulla quantità, bisognerebbe concentrarsi sulla qualità e sulle competenze delle risorse umane. Unanimemente si è concordato che andrebbe abbandonato quel paternalismo che ha caratterizzato per anni le istituzioni sanitarie di ispirazione cristiana, in favore di una maggiore attenzione alle qualifiche degli operatori.

Sul fronte della formazione del personale, inoltre, si è convenuto che a un approccio di sviluppo del singolo professionista, a livello “micro”, bisognerebbe sostituire lo sviluppo di ruoli a livello “macro”, puntando sulle sinergie e su un approccio strategico. Questo sarebbe possibile con la creazione di una rete di referenti e formatori, che rendano omogenea la formazione delle risorse umane, e attraverso il potenziamento del dossier formativo.

Insomma, tanti spunti per un cambiamento che sarà sicuramente difficile per molti istituti, ma che ha più possibilità di essere raggiunto mettendo in gioco una collaborazione che, si spera, sarà sempre maggiore.