The Journal of PathologyRicercatori della facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica di Roma hanno scoperto che una molecola, l’ossido di azoto (NO), aiuta il cancro del colon a crescere. I ricercatori hanno osservato che le cellule staminali malate presenti in sede (da cui origina il tumore) producono ossido di azoto in elevatissima quantità e che questo favorisce la progressione della malattia. Inoltre esperimenti in vitro e in vivo hanno dimostrato che interrompendo la produzione di NO si arresta la progressione del cancro.

I risultati dello studio, coordinato dal professor Antonio Gasbarrini, direttore dell'Unità Operativa Complessa (Uoc) di Medicina Interna, Gastroenterologia ed Epatologia del Policlinico A. Gemelli, e condotto da Maria Ausiliatrice Puglisi, ricercatrice della medesima Uoc, sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista The Journal of Pathology.

Questo studio, data la sua complessità, ha coinvolto numerosi altri ricercatori, sia del Policlinico Gemelli (Maurizio Martini, Uoc di Anatomia Patologica; Angela Maria Di Francesco, Uoc di Oncologia Pediatrica) sia di altri importanti centri di ricerca, tra cui l’Istituto Superiore di Sanità (Lucia Ricci-Vitiani), il Cnr (Carlo Cenciarelli) e dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù (Rita Carsetti).

«Il nostro gruppo di ricerca - spiega la dottoressa Puglisi - da oltre dieci anni si occupa dell'isolamento e della caratterizzazione delle cellule staminali tumorali da neoplasie del tratto gastrointestinale. Queste cellule, che stanno alla base della crescita tumorale e della formazione di metastasi, costituiscono oggi la nuova frontiera della lotta contro i tumori; infatti, individuarle e comprenderne i meccanismi che regolano la loro complessa biologia potrà permettere lo sviluppo di nuovi approcci prognostici e terapeutici in oncologia».

«Lo studio - aggiunge Puglisi - ha portato a identificare nell’Ossido d’Azoto (NO), una molecola chiave che regola le proprietà di “staminalità” e di crescita delle cellule staminali tumorali da cancro del colon».

L’Ossido d’Azoto (NO) è un radicale libero che regola numerosi processi fisiologici e patologici. In particolare, l’NO prodotto dall’enzima “iNOS” è un importante mediatore dell’infiammazione e, a concentrazioni costantemente elevate, favorisce la trasformazione neoplastica, ovvero la trasformazione delle cellule sane in cellule malate. Questo è uno dei motivi per cui patologie infiammatorie croniche aumentano il rischio di sviluppare tumori. Fino ad oggi, si riteneva che i macrofagi, presenti nei siti infiammatori, fossero la principale fonte di NO citotossico.

«In questo studio, abbiamo dimostrato per la prima volta che le cellule staminali tumorali del cancro del colon sono in grado di produrre autonomamente elevati livelli di Ossido d’Azoto, tramite l’attività del loro enzima iNOS endogeno, e che tali cellule dipendono proprio dall’NO per la loro crescita e le loro proprietà tumori geniche», spiega la dottoressa Puglisi.

«Inoltre, abbiamo osservato che bloccando la produzione endogena di NO nelle cellule staminali tumorali (fornite dalla dottoressa Ricci-Vitiani), tali cellule perdono completamente le loro tipiche caratteristiche tumorigeniche e di staminalità. Infatti, le cellule staminali tumorali private della loro fonte endogena di NO, mostrano una drastica riduzione delle loro capacità proliferative e invasive e non sono più in grado di indurre la formazione di tumori in vivo; inoltre perdono le loro tipiche proprietà di staminalità, quali la capacità di autorigenerarsi e la capacità di crescere come sferoidi, nonché l’espressione dei marcatori specifici della staminalità».

Queste osservazioni, compiute sia in vitro sia in vivo, sono particolarmente importanti perché evidenziano un nuovo meccanismo fondamentale per la sopravvivenza delle cellule staminali tumorali e quindi per la crescita e la propagazione del tumore del colon.

«Fornendo nuove informazioni sul possibile legame tra infiammazione e tumorigenesi del colon, questa scoperta - conclude la dottoressa Puglisi - potrebbe nel tempo aprire le porte alla valutazione di nuove terapie dirette a bloccare l’attività dell’enzima iNOS come componente di protocolli di trattamento multiplo per la cura del cancro del colon».