Cosa è diventata la televisione oggi? Esiste ancora una tv generalista? E, soprattutto, è  ancora possibile fare tv in modo creativo e originale?

Queste sono state alcune delle domande che si sono imposte durante la vivace discussione avvenuta nell’incontro tra Carlo Vitagliano, autore del libro intitolato “Noi, i ragazzi del Biscione” (Melampo Editore), e gli studenti dello STArS.
Ospite del Corso di Storia della Radio e della Televisione tenuto dalla Prof.ssa Paola Abbiezzi, Vitagliano ha potuto raccontare la propria esperienza umana e professionale che si è inserita nella cornice, più generale, delle vicende legate alla nascita della televisione commerciale in Italia. Infatti, dal 1981 e per i trent’anni successivi, Vitagliano ha lavorato a Mediaset, il network fondato da Silvio Berlusconi.

L’associazione NuovoAmbra nella giornata di venerdì 16 Dicembre l’ha invitato in Università per presentare il suo libro e, insieme con lui ha chiamato anche il Prof. Giorgio Simonelli, docente dell’Università Cattolica di Milano, storico della radio e della televisione, e Gian Paolo Parenti, Channel Manager del canale JOI (Mediaset Premium).

“Noi, i ragazzi del biscione”, come ha spiegato Simonelli, descrive quella generazione di trentenni - tra i quali, per esempio, Carlo Freccero e Antonio Ricci - che rivoluzionò il modo di fare la televisione in Italia. Canale 5, la prima rete commerciale nazionale, fu un importante luogo di sperimentazione, a partire dagli anni Ottanta, dopo la grande epoca del servizio pubblico della Rai.

«Canale 5 era percepita come una televisione libera, internazionale, simile a quella che si vedeva in America; in sostanza, era una finestra sul mondo» ha raccontato Vitagliano.

Partendo proprio di divertenti retroscena, i relatori hanno poi cercato di spiegare anche le odierne trasformazioni "epocali" che coinvolgono il mezzo televisivo.
Gian Paolo Parenti ha individuato alcuni elementi principali nel contento odierno: la frammentazione delle audience, lo sviluppo industriale di conglomerati mediali, il ruolo pervasivo del marketing, la centralità dei contenuti “pregiati”. In un simile contesto competitivo, può esserci ancora spazio per delle professionalità realmente creative?

«La creatività è sintesi di elementi contrastanti; è come un effetto speciale, funziona se non si vede».

Vitagliano, ripensando alla propria esperienza professionale, ha testimoniato il modo in cui ha cercato di valorizzare il proprio lavoro. Secondo il suo punto di vista, le componenti artistiche e culturali sono sempre necessarie per arrivare a quella conflittualità che struttura il senso di un messaggio. In particolare, ha mostrato le proprie produzioni video e come sia possibile confezionare  uno spot televisivo o un annuncio pubblicitario, dosando sapientemente elementi ‘alti’ e ‘bassi’.

Tutte le rivoluzioni e le avanguardie finiscono sempre quando si stabiliscono nel panorama del senso comune. Anche quei ragazzi, da giovani promesse, sono diventati venerati maestri, citando il famoso aforisma di Alberto Arbasino, ma le loro storie servono a ricordarci che dobbiamo sempre tentare la strada dell’innovazione quando parliamo di media e comunicazione. E soprattutto in tempi in cui non sembra esserci spazio per la fantasia al potere.