Oltre ai noti effetti sanitari ed economici, il Coronavirus tocca anche i già delicati equilibri internazionali con ripercussioni sul fronte geopolitico e di assestamento del sistema mondiale. Gli scenari futuri degli effetti post-pandemici sono stati tracciati nel terzo incontro dei CeSi talks il ciclo promosso dal Centro di Ateneo per la solidarietà internazionale (CeSI). Multilateralismo. La geopolitica del virus il titolo del webinar, che si è tenuto sui canali sociali Unicatt giovedì 9 luglio e durante il quale Riccardo Redaelli, docente di Geopolitica e direttore del Centro di Ricerca sul Sistema Sud e il Mediterraneo Allargato (CRiSSMA), ha dialogato con Angelino Alfano, già ministro degli Esteri, attualmente presidente Fondazione De Gasperi, e alumnus dell’Università Cattolica.

«Stiamo assistendo a una crisi sanitaria che è anche economica e globale, non solo italiana o europea, e rischia di mettere in difficoltà la democrazia dei maggiori Stati», ha detto Alfano. «Si pensi agli Stati Uniti d’America: il presidente Trump prima della crisi era in condizione di vantaggio, ora sta perdendo terreno». Nell’ambito della geopolitica degli interventi di aiuto, secondo Alfano si è verificato un capovolgimento dello schema di sostegno allo sviluppo. «Paesi del G7, come l’Italia, hanno ricevuto aiuti concreti e solidarietà di stati come Albania e Tunisia, una dimostrazione che qualcosa nella geopolitica degli aiuti si è mosso».

Per questo, ha detto Alfano facendo riferimento alla catena della circolazione di beni e fornitori, risulta utile, alla luce dell’esperienza attuale, non dipendere da un solo Paese ma diversificare i fornitori, possibilmente più vicini a noi. A tal proposito si è chiesto: «In un prossimo futuro, avremo più protezionismo o multilateralismo? Avremo un nuovo rapporto tra pubblico e privato? Il nuovo bisogno di protezione determinerà un neo statalismo? E, in tal caso, il sovranismo sarà più forte o debole e silente? E l’Italia senza l’Europa che avrebbe fatto?».

Tra gli elementi sui cui il Coronavirus ha avuto una funzione di acceleratore c’è stato anche il rilancio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e la riscoperta del ruolo che svolge. «Il suo compito è rilevante nella valutazione di allarmi sanitari e degli indici di pericolo che esigono opera di prevenzione e coordinamento tra gli Stati, con una strategia di carattere globale e non nazionale». Per questo nel conflitto in atto tra Stati Uniti e Cina «è opportuno che gli Usa riprendano il dialogo con l’OMS altrimenti il suo ruolo risulterà indebolito».

Un aspetto su cui la pandemia ha influito maggiormente, mettendolo definitivamente in discussione, è senza dubbio la globalizzazione. In questo contesto, ha affermato Alfano basti pensare ai «grandi flussi migratori che hanno inciso nella sensibilità dell’opinione pubblica, e agli attentati terroristici, che hanno accentuato quel bisogno di protezione nei cittadini, plasticamente emerso nell’esigenza di avere muri più alti, metaforici e materiali». Anche la scoperta del vaccino potrebbe ridisegnare gli assetti geopolitici. «È una gara tra grandi Paesi e chi riuscirà avrà un grande vantaggio geopolitico nella relazione con gli altri Paesi».

L’’ultima parte del dibattito si è spostata sul ruolo dell’Europa nel Mediterraneo e sulla necessità che in politica estera compia uno «scatto» simile a quello effettuato in campo economico per contrastare le conseguenze del Covid. «L’Europa ha perso la sua visione geopolitica a medio e lungo termine, rischiando la sua marginalizzazione nella politica mondiale. Però si è anche rivelata utile per le importanti decisioni di politica economica. Dove avremmo trovato le risorse senza l’Europa?», ha osservato Alfano. Certo il «Mediterraneo rappresenta un paradosso tra storia e geografia: infatti geograficamente è piccolo quasi come un lago, ma la storia insegna che le vicende cruciali come le maggiori sfide del nostro tempo, dai flussi migratori al terrorismo sono avvenute nel bacio del mediterraneo». Ecco perché bisogna evitare un indebolimento dei paesi che si affacciano sulla sua riva meridionale, una fragilità che potrebbe portare con sé danni economici alle imprese nazionali insediate nel Nord Africa. «Tocca all’Italia comportarsi come ‘frontaliera’, farsi promotrice di una politica estera europea esercitando un ruolo, che altrimenti verrà esercitato da altri, Russia e Turchia in primis».