“E’ una manovra di difficile attuazione per il 2019 e prevedo che essa sia interamente da ridefinire nel 2020/21” conclude così Stefano Fantacone del Centro Europeo Ricerche (CER) la sua relazione al seminario su “Legge di bilancio e fare impresa in Italia” promosso dal Centro Studi di Politica Economica e Monetaria “Mario Arcelli” dell’Università Cattolica, dalla rivista Economia Italiana fondata dall’economista piacentino e di cui sono stati presentati i numeri in pubblicazione dal direttore Giovanni Parrillo con il sostegno della Fondazione di Piacenza e Vigevano.


I numeri di Fantacone e del CER, presente anche il prof. Guerrieri, sono particolarmente negativi.

“Il governo prevede per il 2019 una crescita dell’1,5%, continua Fantacone, mentre le stime del CER dicono che sarà 0,8% con il rinvio della manovra e dell’1% con l’attuazione della manovra nel 2019. Nel 2020 e 2021 le cose andranno meglio se le misure previste saranno rinviate e comunque siamo al di sotto degli obiettivi del governo. Il deficit si collocherà in ogni caso tra il 2,7% ed il 3% quale che sia il comportamento del governo, che al contrario prevede una discesa all’1,8% nel 2021”.

In questo quadro, le misure per le imprese hanno generalmente il segno negativo.

Lo rileva nel dibattito Alberto Rota, presidente di Confindustria Piacenza. “Troppi interventi di spesa corrente, nessuno intervento sul cuneo fiscale e per il sostegno della produttività. Ma soprattutto l’abrogazione di ACE e IRI e la nuova IRES daranno maggiori entrate dalla tassazione sulle imprese per 2,2 miliardi. Il ridimensionamento sostanziale degli incentivi per il 4.0 sono tutti segnali negativi per il mondo delle imprese che, negli ultimi anni, era stato oggetto di provvedimenti di sostegno a partire dal Jobs Act”.

“La sfida all’Europa partendo da una posizione di debolezza ricorda il noto “chicken game” della teoria dei giochi - ricorda Carlo Marini di Epic – per cui ci potremmo anche schiantare, ma avendo una struttura più debole rischiamo danni irreparabili. I segnali inviati da questo governo alle imprese sono diversi da quelli inviati dai governi precedenti: dagli incentivi 4.0 ai PIR, dal Jobs Act al governo degli spread. Si è passati da segnali favorevoli al mondo delle imprese a segnali completamente opposti.”

Ed anche per le startup Carlo Brunetti, business angel di Italian Angels for growth, prevede un periodo difficile perché “un periodo di rendimenti elevati sul debito pubblico distrae inevitabilmente gli investitori dalle startup e rende più difficile le exit all’interno del paese”.

Una proposta organica è venuta da Antonio Ortolani dell’Associazione Italiana dei dottori commercialisti, che si è soffermato sulla tassa sulle società (Ires) che si potrebbe riportare al 27,5%, ma condizionando l’imposizione del 12,5% aggiuntivo rispetto al 15% della proposta del governo al momento della distribuzione degli utili.

“In questo momento siamo valutati con una rischiosità simile a quella britannica, la cui sterlina si è svalutata del 30% dalla Brexit, - afferma Luca Bagato docente della Cattolica - ma da questo livello di spread in poi entriamo in una fase in cui potremmo scivolare in uno scenario peggiore di quello del 2011, se non si cambiano le cose”.

Il professor Timpano, direttore del CeSPEM, ha concluso il seminario affermando come “sia auspicabile un ritorno del governo sui suoi passi, almeno al fine di raffreddare la corsa dello spread. Alcuni segnali sono evidenti in queste ore. La procedura di infrazione andrebbe scongiurata ma pare inevitabile, forse il mercato l’ha già scontata. Ora si tratta di capire cosa succederà. Purtroppo tutto questo sta avvenendo per motivi politici e non per un vero sostegno alla crescita. Il governo, che pure aveva posto al suo insediamento il tema del rilancio degli investimenti pubblici ha poi virato verso misure di segno diverso che avranno un impatto contenuto sulla crescita.”

Una storia ancora tutta scrivere insomma, che però non sembra facilitare la già difficile vita delle imprese italiane.