Di Gian Luca Potestà *

Monumento artistico e letterario celeberrimo, Notre-Dame rappresenta per noi soprattutto la memoria del principale centro di produzione e irradiazione del sapere dell’Europa e del cristianesimo. Anche per questo il suo incendio colpisce in modo speciale il mondo universitario e non può non far riflettere chi insegna e chi studia in un ateneo cattolico. Fino agli inizi del secolo XII, in Occidente l’insegnamento era stato impartito presso abbazie e cattedrali di centri francesi oggi minori, da Auxerre a Chartres a Laon. Il clima cominciò a cambiare quando nuove figure di maestri itineranti, seguiti di borgo in borgo dai propri studenti, iniziarono a infrangere la vecchia regola della stabilità monastica. Intorno alla metà del secolo, Parigi si profila già come centro intellettuale di rilievo: le scuole si moltiplicano, i maestri vi si fermano, gli studenti accorrono.

Tutto sarebbe forse rimasto disperso e frammentato, se Pietro Lombardo, un novarese divenuto intorno alla metà del secolo vescovo di Parigi, non avesse dato nuovo impulso alla scuola della cattedrale, verso cui affluiscono studenti da tutta Europa. Pietro Lombardo produce per loro il Libro delle Sentenze, manuale originale, in quanto vi si trovano disposti per materie i pareri dei principali autori del passato nei campi in cui dovevano formarsi i giovani intellettuali, allora quasi sempre chierici. Accostati e messi a confronto, quei pareri mostravano divergenze rimaste a lungo in ombra e sollecitavano perciò all’uso della ragione come via maestra per risolverle. Sino alla fine del Medioevo, il Libro delle Sentenze fungerà da manuale di base per generazioni di studenti universitari.

I profili dei grandi teologi e filosofi medievali formatisi a Parigi, a partire da Tommaso d’Aquino e Bonaventura da Bagnoregio, si delineano già nei loro giovanili Commenti al Libro delle Sentenze. A sua volta, il vescovo successore del Lombardo, Pietro Comestore (cioè “divoratore”, di libri) scrive un manuale di storia universale destinato a enorme fortuna; pochi anni dopo, Pietro Cantore (detto così in quanto cantore di Notre-Dame) affronta con libertà e spregiudicatezza grandi temi di etica sociale e di teologia politica.

Così, quando nell’anno 1200 maestri e studenti delle principali scuole decidono di associarsi corporativamente nella universitas parigina, è naturale che la nuova istituzione, con le sue quattro facoltà di arti liberali (fra cui la logica), medicina, diritto e teologia, fissi il proprio centro alla Sorbona, a pochi passi da Notre Dame, con il sostegno vigile del vescovo di Parigi, del re e del papa. La pluralità delle autorità comporterà prestigio, sviluppo, tensioni. L’ingresso in Occidente delle grandi opere di logica, di fisica e di metafisica di Aristotele avverrà dalla porta parigina, per iniziativa di docenti coraggiosi; al punto che, quando l’aristotelismo sembrerà trionfare a spese della Rivelazione cristiana, il vescovo di Parigi Stefano Tempier in quanto cancelliere dell’Università emetterà a più riprese provvedimenti restrittivi e censure, che giungeranno a colpire la stessa opera di Tommaso d’Aquino.

L’Università di Parigi restò teatro di conflitti e di progresso intellettuale per secoli. Il prestigio del collegio dei teologi parigini era tale, che spettava loro l’ultima parola prima della pubblicazione dei decreti conciliari. Brulicante allora di soggetti in ricerca, di intellettuali di prestigio, di forze preoccupate di ragionare e impegnate a polemizzare con passione sui grandi temi dei destini del mondo e delle società, del progresso della ragione e dell’ascolto della rivelazione, quella Notre-Dame ritorna viva nell’immagine di quei bagliori remoti.

* docente di Storia del cristianesimo, facoltà di Lettere e filosofia